SANTA PASQUA 2016

infinito L’ultima parola della vicenda di Gesù non è la morte, ma la vita. Al di là della Croce non c’è il sepolcro, ma il vivente, Gesù, il Risorto. Quell’uomo che i pagani vedono morire sulla croce, è lo stesso uomo che ora si manifesta come Signore della vita. La morte, che pure segna il limite invalicabile contro cui vengono a cadere le tensioni e le aspettative umane, viene per la prima volta sconfitta; ed in questa vittoria siamo coinvolti tutti. Infatti, noi tutti abbiamo vinto in Cristo la morte; ed il nostro è un destino di eternità: noi siamo eterni, non moriremo mai. La Risurrezione viene a confermare questa fede nella immortalità. Le parole di San Paolo sono chiare:”Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede….”. Invece, Cristo è risorto e la sua Risurrezione segna la sconfitta del dubbio e della tristezza. Del resto, se non si fosse verificata la Risurrezione, oggi l’ultima parola sarebbe spettata al Calvario; ed ogni speranza sarebbe rimasta priva di fondamento. Il fatto, invece, che tutto sia avvenuto secondo le predizioni, fa di questo evento un punto di riferimento veramente universale. Non dimentichiamo: quella di Gesù è una Risurrezione annunciata ed anticipata. Annunciata, quando Egli dice:”Come Giona stette per tre giorni e tre notti nel ventre di un pesce, cosi il Figlio dell’uomo sarà per tre giorni e tre notti nel ventre della terra”, oppure quando dichiara:”Distruggete questo tempio ed io lo riedificherò in tre giorni”. Anticipata, allorché risuscita Lazzaro. Una circostanza quest’ultima, nella quale sperimentiamo una duplice verità: da una parte, il trionfo dell’umanità di Gesù che piange per la morte dell’amico; dall’altra, la potenza di Dio che si rivela nel ridare la vita a Lazzaro. Quella potenza che Dio esprimerà definitivamente nella Risurrezione stessa di Gesù:”Allora perché cercate tra i morti colui che è vivo?”.

Lo avevano tradito, condannato, crocifisso. Lo avevano chiuso dentro un sepolcro ed il terzo giorno Dio Lo risuscita. E’ questo l’annuncio gioioso della Pasqua: un annuncio di vittoria sulla morte, di luce sulle tenebre, di speranza sulla caduta delle illusioni. Così, quel Gesù di Nazareth, che “era passato beneficiando e risanando tutti”, quel Gesù che gli uomini uccisero appendendolo ad una croce, è lo stesso Gesù che Dio risuscita. Sulla croce il Padre sembra che abbia abbandonato il Figlio, fino a strappargli quel grido di angoscia:”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”; ora, risuscitandolo, dimostra di identificarsi con Lui, il Crocifisso. Per cui è impossibile non vedere sul volto del Crocifisso la gloria del Padre, il quale si fa garante che Gesù di Nazareth è davvero quello che aveva detto di essere.  In altre parole, la Risurrezione è il potente “SI” di Dio, pronunciato sulla vita di Gesù; è il sigillo della autenticità divina di Cristo. Ma la Pasqua non è solo il passaggio di Gesù da questo mondo al Padre attraverso l’abisso della passione e la gloria della Risurrezione; segna anche il passaggio dell’uomo dai vizi alla virtù, dalla colpa alla grazia, dall’odio all’amore. C’è dunque un mistero pasquale che celebriamo nella liturgia e un mistero pasquale che si attua nella vita. A che serve la Pasqua della liturgia quando siamo incapaci di compiere in noi il passaggio dell’uomo vecchio all’uomo nuovo. E’ facile celebrare la Pasqua con semplici spunti di commozione e di autoesaltazione passeggeri. Ma se il vissuto della nostra vita non si concilia con il messaggio del Risorto, ogni celebrazione è del tutto inutile. Perciò, se la Pasqua segna il passaggio dalle tenebre  dell’errore alla luce della verità, noi dobbiamo diventare protagonisti di verità; se la Pasqua supera e sconfigge i limiti ristretti della morte con il grido gioioso della Risurrezione, dobbiamo essere testimoni della vita contro ogni logica di morte. Il che significa che non possiamo fingere di non vedere la sofferenza di chi leva verso di noi il suo grido di dolore; non possiamo ignorare i  nuovi Abele, i nuovi Lazzaro di questa strana società, affascinata solo dalla tentazione delle apparenze, dalla idolatria del benessere, dalla cultura delle cose. Una società che vive solo al guinzaglio di se stessa, sconnessa persino dalle tradizioni, considerate ormai travi tarlate del passato; una società gestita da centri di potere che hanno un solo scopo: sradicare le radici stesse della storia cristiana. Ma voi pensate che la passione di Cristo si sia esaurita sul Calvario? No, vi dico, La Passione di Cristo continua. E continua negli olocausti antichi e moderni; nelle guerre passate e presenti…… Continua nella nostra ritrosia ad aprirci al mistero di Dio. La passione più grande che affligge il cuore di Cristo e genera la sofferenza di Dio è il comportamento di tanti cristiani, che si lasciano travolgere nella loro intimità religiosa, nella loro fede senza opporre alcuna resistenza, per far valere la propria identità, la propria appartenenza alla Chiesa di Cristo.

Assistiamo purtroppo passivamente allo svilimento dei nostri valori umani e cristiani. Come se non fossero bastati i traguardi giuridici dell’aborto e del divorzio, oggi un’altra scure, molto più impietosa, si è abbattuta sul fondamento stesso della società, la famiglia, unica cellula, dove si realizza la reciproca accettazione e donazione delle persone, nella naturale attrazione della mascolinità e femminilità: ”maschio e femmina, Dio li creò”. Oggi, questo tessuto familiare ha subito il più grave processo di innaturalità con l’approdo ai cosiddetti matrimoni omosessuali e, di conseguenza, alla prospettiva di offrire alle future generazioni il dono infausto di due padri o di due mamme ai figli. E noi che facciamo? Cristiani della prima e della seconda ora, svegliamoci. Non restiamo prigionieri del nostro quietismo spirituale. Usciamo dal letargo. Non restiamo semplici  crisalidi; riprendiamoci la nostra dignità di ieri, quando gridavamo nella sofferenza la nostra fede. Non ascoltiamo più queste sirene della politica, che per  ammaliare i capricci di pochi, tradiscono persino la verità naturale. Usciamo da questi recinti di falso perbenismo, in virtù del quale cerchiamo di giustificare sempre tutto. Indossiamo, una volta per sempre, il saio della riscossa morale e spirituale, costruendoci vere cattedrali di fede, testimoni d’amore dell’unico Cristo. Il cristianesimo non è una dottrina in disuso, non è la storia di un uomo morto. Il Cristianesimo è una persona viva che continua a proclamare la verità sempre e dovunque. E la verità non è qualcosa che si possiede, ma è Qualcuno che ci possiede: è Gesù, l’umile volto dell’uomo del Venerdì Santo, che è il Risorto della domenica di Pasqua. Lasciarsi possedere da questa Verità è l’unica strada per rendere vera la nostra umanità, per far crescere in essa la luce, la speranza, l’amore; per salvare l’uomo dal degrado, dalla paura del futuro, dalla banalizzazione della vita, dalla chiusura a Dio. Ricordatevi: solo amando questo umile volto in cammino sulla via del Golgota, noi riusciamo a capire chi giace sotto il peso dell’ingiustizia, dell’angoscia, della solitudine. Solo fissando il nostro sguardo sul volto sofferente ed agonizzante di Gesù, noi possiamo comprendere la drammaticità di tanti avvenimenti della storia. Solo contemplando il Crocifisso, noi possiamo incontrare il Risorto, che è e sarà sempre il Cristo dell’amore vero, della vita che palpita ovunque, della serenità che conquista; il Cristo della pace che si proclama, della giustizia che si vive, della verità che si impone. Ed oggi, più che mai, noi tutti abbiamo bisogno di incontrare Gesù Crocifisso e Risorto, se vogliamo essere uomini veri, segnati da Cristo, in cammino nella storia.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Devi autenticarti per lasciare un commento