Nasce l’amore

Solo chi si ama,desidera conoscersi bene si cerca ovunque,anche nelle cose deboli Non vola in alto per vedersi tra le nubi ma preferisce stare con chi gli è vicino Soltanto nell’altro eleva la sua umanità e vive il silenzio di […]

Amami come sono

Amami come sono e non per ciò che sembro non cercare in me ciò che è in te:sbagli Ognuno ha in sè qualcosa di irripetibile tu,se vuoi,puoi imitarlo,ma mai copiarlo Forse ti impressioni per la mia maturità non desistere,sarai certo […]

Il miracolo delle lacrime

Chi non ha mai pianto non è un vero uomo e tanto meno ha una fede viva. Tra i tanti miracoli dell’umanita quello delle lacrime è  il più bello, perché schiude il cuore alla gioia e al dolore, al sorriso dell’accoglienza e […]

Chi bussa alla porta?

Non affogare la vita nello scrigno d’oro ogni cosa vive nel segno del provvisorio Nessuno si appaga in quello che possiede nè depone le ali,usate sempre per volare Chi ha,più vuole e si preoccupa di avere è come una trottola,mai […]

Più tempo per me

Ho consumato troppo tempo,senza avere nemmeno un istante per poter misurare la cifra tra ciò che ero ed oggi sono Sempre immerso nell’immediato,tutto m’è sfuggito di mano persino l’ombra del silenzio,dove guardavo al mio futuro Ora conto attraverso le rughe […]

 

Nessuno trasforma il cuore con una magia

Tu non puoi trasformare il cuore con una magia. I giochi di fantasia fanno ridere per pochi istanti.
Alleviano il peso dei problemi, spesso falsando perfino le verità. Ma alla fine tutto resta come prima: non creano un cuore nuovo.
E finché continui a tenere il tuo cuore in una corteccia asfittica, dove nulla trapela, se non immagini di insoddisfazione, mai esso si aprirà alla vera gioia di vivere.
Anzi, rischia di mutarsi in un polipo attorcigliato su se stesso.
Invece, l’unica magia, vera forza trasformante e salvante, è solo la grazia di Dio, che, una volta accolta ed alimentata, crea realmente un cuore trasparente.
Ed é proprio questo cuore, che ti rende un uomo veramente nuovo.

La libertà vera

La libertà non è forse per molti un grido, che si risolve in un semplice rumore?
Non traduce forse il desiderio di offendere o esaltare a seconda dell’antipatia o simpatia?
Chi può dirsi veramente libero, se non sa nemmeno quello per cui parla o si muove?
La libertà non è una invenzione.
È una realtà che nasce e vive nell’anima e nel cuore di ognuno, soprattutto se consapevole di essere depositario di verità e di ideali, per i quali combatte e sa persino sacrificarsi. Pertanto, solo chi ha la verità da gridare o un ideale da perseguire, può dirsi libero.
E nulla fa o dice che possa tradire il contenuto della sua libertà.
Egli agisce liberamente, obbedisce liberamente, si sacrifica liberamente.
E sa lasciare anche liberamente quanto ricevuto o conquistato, sicuro che non c’è libertà più bella che saper riconoscere nell’altro virtù migliori.

L’ arrogante

 

Chi é arrogante verso le persone semplici rivela un sottile odore di cattiveria.

Chi vede,  non può non sentire un profondo disgusto, carico di reazione.

Non c’ è uomo peggiore di chi fa il duro con i deboli e diventa poi nullità con i forti.

Non é facile chiudere gli occhi, quando un povero cristo, non sapendo come difendersi, si lascia incastrare a mò di fagotto,  dal prepotente di turno.

Ed  anche se non é semplice intervenire, non bisogna mai astenersi da un sorriso di umanità, che esprime solidarietà per l’ offeso e rimprovero per chi ha smarrito il senso della propria dignità.

Chi comanda e chi obbedisce

È veramente triste soffocare le ali dell’ intelligenza, per non scontrarsi con l’ idolatria del potere di chi veste ogni rapporto con la perentoria affermazione: ” Qui comando io “.

In realtà, è proprio qui che muore ogni dialogo, ogni tensione di creatività e tutto diventa quasi inanimato, chiuso nelle maglie di una sola mente, che nulla o poco concede all’ altro.

Ci si trova al cospetto non di chi ascolta, ma di chi impone solo il suo ascolto, convinto che quello che dice, vale molto di più di quello che può essere da lui ascoltato.

Invece, come sarebbe bello imparare ad ascoltare, ben sapendo che in ogni parola c’ è sempre un cuore, da cui partono effluvi di novità, che arricchiscono e chi comanda e chi obbedisce!

 

 

 

 

Dono o corrispettivo?

Il mio dovere non è cercare di capire per donare.

È solo quello di guardarmi dentro,  raccogliere ciò che ho e darlo senza se e senza ma.

Non è mai un vero dono di cuore ciò che si dà,  dopo aver valutato i  pro  e  i  contra.

Valutare prima di donare,  spesso,  si riduce ad un semplice atto di scambio,  che non si chiama più dono,  ma corrispettivo,  che potrebbe essere umiliante per chi dá e per chi riceve.

Invece,  è veramente stupendo donare senza porsi alcun problema nè di quantitá nè di qualità,  e  tanto meno di persone.

Dare gratuitamente quanto gratuitamente ricevuto è la gioia più grande,  che può capitare ad un uomo, che sa vedersi e leggersi nella parola di Dio.

Non é facile ascoltare e mettere in pratica

Ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica sono le due uniche condizioni che Gesù pone per chi vuole mettersi alla sua sequela.
Sembra un insegnamento semplice e facile, e lo é nelle parole.
Però nei fatti, troppe sono le difficoltà che rendono stretta la porta per poterlo  vivere.
Così, nell’impatto con la realtà  spesso salta ogni equilibrio, per cui, all’ascolto non segue alcuna attuazione.
La tensione tra obbedienza e disobbedienza alla parola di Dio resta sempre alta.
Anzi, per tanti  vale ciò che  scrive San Paolo nella lettera ai Romani:” …. Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”.
Ed ogni scelta é  tanto grave, quanto maggiore é la coscienza del rifiuto  di Dio.

Il Papa ai Vescovi:” Parlate chiaro e dite ciò che sentite”

Non è facile trovare chiarezza e semplicità nelle persone, che hanno  sempre conservato il cuore e la mente nella ragnatela del tradizionalismo rigido,restie  ad ogni respiro di umanità.
Il loro resta un linguaggio al chiaroscuro, che gioca in aperture e chiusure, senza mai concedere nulla, pur constatando la sofferenza di chi non riesce a vivere un vero rapporto con Dio, per la fragilità della sua interpersonalitá.
Preferiscono chiudersi nel rigidismo morale e religioso, fermandosi alla lettera e non al suo spirito,che aprirebbe certamente orizzonti di maggiore carità e giustizia.
Sanno dire troppi no, prigioniere di schemi prestabiliti o di interpretazioni quasi dottrinali, incuranti delle chiese consorelle, che, senza impoverire la Verità, donano tanta misericordia.
Ha ragione il Santo Padre,quando dice ai suoi Vescovi:” Parlate chiaro e dite ciò che sentite”.
Sì, chiari con se stessi e, soprattutto, con quella umanità senza identitá coniugale, costretta a vivere alla periferia della Chiesa, dove, solo grazie all’aiuto di tanti sacerdoti, si vedono ancora nel cuore di Dio, il Quale non si stanca mai di cercare e trovare la meraviglia più grande da Lui creata: l’uomo.

La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi

«La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi. Scoperto il proprio strato fondamentale ci si accorge che esso combacia col proprio destino e si trova la pace». Così scriveva Cesare Pavese nell’opera autobiografica il “Mestiere di vivere”. Ogni singolo giorno che viviamo può essere paragonato al passare da una stanza ad un’altra di una dimora che non conosciamo; tuttavia, abbiamo un tempo prestabilito per addentarci in essa. Senza dubbio, posso affermare il fatto che questa riflessione mi è stata ispirata da un sogno che ho fatto.
L’ambientazione onirica mi ha proiettata in un corridoio collegato ad una camera luminosa. Quest’ultima aveva delle grandi vetrate al posto delle pareti. Tant’è vero che, attraverso esse riuscivo chiaramente a scrutare le tonalità via via sempre più sfumate del blu di un’insenatura marina. Ma, non appena le creste delle onde (a causa del vento) hanno raggiunto altezze incredibili, sconvolgendo la quiete di quel paesaggio, in preda allo spavento mi sono immediatamente allontanata da lì. A questo punto, non conoscendo il luogo in cui mi trovassi, ho cercato di pianificare un tragitto da percorrere. Tutto inutile: perdevo facilmente l’orientamento, ed ero sempre più insicura in merito alla strada che avrei dovuto intraprendere! Subito dopo, entrando in un’altra stanza (non molto lontana dalla precedente) tappezzata con pareti di velluto rosso e rifiniture in oro, ho avvertito un forte senso di inquietudine per essere finita proprio lì, tra la noia manifestata dai suoi occupanti e lo sfarzo eccessivo degli arredi. Da quel momento in poi, stabilii che avrei preso la direzione che mi avrebbe suggerito il caso! Per cui, il tempo di chiudere per un attimo gli occhi quando li riaprii, mi ritrovai di fronte gli scaffali polverosi di una libreria. Mentre stavo leggendo un titolo scritto in esili caratteri greci, per chissà quale motivo fui costretta ad abbandonare improvvisamente anche quel posto. Soltanto all’uscita mi resi conto di avere tra le mani il testo dell’Iliade omerica. Fra me e me, mi rassicuravo dicendo che, non c’era tempo da perdere, non bisognava fermarsi! Per non parlare poi delle persone che passavano al mio fianco, senza neanche accorgersi della mia presenza, distratti da chissà che cosa! In seguito, in preda a questo smarrimento apparentemente senza via d’uscita, ho preso delle scale per scendere ai piani inferiori. Più tardi, sono inconsciamente rinsavita a proposito della ragione per la quale ero lì. Ero sul punto di rinunciare all’impresa, quando alla fine decisi di incamminarmi verso un giardino. Non potevo sperare in nulla di buono, dal momento che non avevo ben presente chi dovessi incontrare e, il luogo esatto in cui dovesse avvenire tutto ciò! Però, l’unica cosa che mi fece sentire protetta in quel momento fu il fatto di potermi riparare sotto la chioma di un maestoso ulivo. I suoi rami mi diedero l’impressione di volersi annodare ai capelli, per non lasciarmi andare via. Subito dopo, avvertii la presenza di qualcuno a pochi passi da me. Ne ebbi timore, per cui mi alzai di scatto per vedere se mi sbagliavo o meno. Stentavo a credere ai miei occhi, quando capii che pochi metri mi separavano dalla figura celeste di un Angelo! Cosa che egli lasciò intendere subito, senza enigmatici giri di parole. Mi rassicurò pure in merito al fatto che, per tutto il tempo non mi aveva mai lasciata sola! Infatti, è dal cuore che si era messo in contatto con me. Il seguire l’eco della sua voce mi aveva aiutata ad uscire da quel labirinto!

In fin dei conti, anche se si è trattato solo di un sogno, esso si è rivelato in gran parte pregno di verità nel riscontro con degli eventi, che poi si sono in qualche modo verificati. A questo proposito, la lettera agli Ebrei 12,2 ripresa da papa Francesco al paragrafo numero 57 della Lumen Fidei fa proprio il caso nostro sostenendo che, la fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, «dà origine alla fede e la porta a compimento».
A cura di Teresa Perillo

La cultura dello scarto

 

 

Il nostro contesto sociale è  segnato da uno smarrimento mentale morale e religioso.

In esso assistiamo ad una crescita rilevante di tendenze individualistiche e materialistiche, che coinvolgono negativamente  un po’ tutte le relazioni umane, generando  non poche divisioni nella vita della collettività.

Certo, oggi più che mai, il nostro interagire è appesantito da una coltre di egoismo, che impoverisce ed, in certi momenti, uccide ogni sorta di amicizia e di solidarietà.

E se si consideri che le relazioni sono fondamentali per lo sviluppo dell’esistere quotidiano, possiamo ben comprendere che quanto più esse sono animate dal rispetto e dalla reciprocità di un profondo senso di umanità, tanto più  risulta  fecondo il cammino per la realizzazione della pace e  dello sviluppo integrale dell’uomo.

Purtroppo, questa immersione dello spirito nella spirale del materialismo e della dissacrazione  ha creato una chiara confusione tra le cose materiali e le stesse relazioni umane, trasformando la persona da
“qualcuno”   in  “qualcosa” , che si può anche mettere da parte.

E qui trova spazio la cultura dell’esclusione o dello scarto, che configura l’altro come se non esistesse affatto.

A questa cultura che avanza è  necessario rispondere con la cultura della solidarietà, che fa vedere nell’altro non un concorrente o un nemico,  ma un fratello, essendo tutti accomunati dalla stessa umanità.

Come aquila

 

Un vero gesto di carità fugge dalla gratitudine.

Non chiede plauso né sorrisi di compiacenza e tantomeno gesti di servilismo.

E’  un respiro di cuore che  va oltre il tempo, per trovarsi nel Cristo sofferente e bisognoso.

E’ come l’aquila che vola in alto, sicura della  bellezza e della potenza dei suoi artigli, che trafiggono non senza creare spinte di riflessione.

E la visione di chi si trova nell’indigenza, di  chi vive appeso agli occhi altrui, orante di qualcosa con cui sfamarsi, di chi ha reso la stazione un luogo di rifugio notturno, dove si deposita come fagotto,  non è forse un pugno di artigli, che squarciano il cuore?

Non è forse vera bellezza, nascente dall’anima, calare le proprie mani, se stesso su queste persone, che racchiudono il corpo trafitto di Cristo?

Ecco la carità!

Quella  che non ha risposte di  gratitudine, ma di silenzio, che schiude orizzonti, dove chi si muove verso l’altro, in nome e per conto di Cristo, vola veramente  come aquila, attratta dai pensieri e dalle vie di Dio.