Nasce l’amore
Solo chi si ama,desidera conoscersi bene si cerca ovunque,anche nelle cose deboli Non vola in alto per vedersi tra le nubi ma preferisce stare con chi gli è vicino Soltanto nell’altro eleva la sua umanità e vive il silenzio di […]
Pochi sanno essere se stessi quando, cambiando il vento del potere,
vengono a crearsi nuove figure di comando, alle quali devono rapportarsi.
Aldilà della curiosità verso la novità, si riscontra spesso uno smarrimento di personalità,
che si piegano non per convinzione o per ossequio,ma solo per opportunità,
che sfocia quasi sempre in comportamenti incerti, per non dire servili.
E finchè vestono solo di maschere con cui dipingono fedeltà ed impegno in cornici di sorrisi,
si può ancora parlare di comprensibilita’ umana.
Ma quando iniziano la campagna della zizzania con il vento delle bugie, per sembrare,
agli occhi di chi detiene il potere, migliori degli altri, allora ogni rapporto diventa squallido
e per chi ascolta e per chi denigra.
Due date segnano la nostra vita: quella di nascita e quella di morte.
Una volta aperti gli occhi, viviamo e cresciamo in questo frattempo, che impregniamo di ciò che noi siamo.
Infatti, in esso facciamo scorrere sentimenti e conoscenze, speranze e certezze, illusioni e delusioni, impegni e nullafacenze in un turbinio, che avanza in modo irreparabile.
Eppure, non è il tempo a mangiare noi, ma siamo noi che lo divoriamo, nutrendoci alla sua ombra.
E finchè lo tracimiamo, convinti che ogni istante non è un semplice “Khronos”, ma un fecondo “kairos”, noi sappiamo dove ci porta e dove andiamo.
Cioè, capiremo che esso non è il mostro, che spegne persino la memoria di noi viventi, ma è un andare pieno di Dio.
Il Quale, pur vivendo fuori e al di sopra del tempo, interviene in esso, nella nostra storia.
E salva sia il tempo, facendone una tappa verso il Cielo, sia noi, aprendoci e un continuo varco verso l’ eternità e trasformando i palpiti del tempo in un vero “giubileo di grazia”.
Oggi come non mai, c’è un’arte subdola, che silenziosamente si impone e si appropria di ciò che non le appartiene.
Vi sono alcuni che senza nulla fare, riescono ad attribuire a sé quanto altri, con sacrificio, hanno realizzato.
E’ un mondo poco dignitoso, dove si constata una paurosa mancanza di lealtà.
Infatti, non è difficile trovare chi si prende o meglio ruba meriti, che non sono suoi, ma di altri.
Purtroppo, non sempre la raccolta la fa il suo seminatore.
C’è sempre qualcuno più furbo che va a raccogliere là dove non ha seminato.
Tutto e tutti in vetrina nella visione di un mondo globalizzato,
che, pur offrendo sorrisi di aperture, non è ancora straniero
alla cultura dello scarto, la cui lettura dipinge una ragnatela,
attraverso cui brillano gli occhi della povertà.
A che serve sentire il respiro della globalità, quando adesso,
proprio in questo momento, milioni di uomini muoiono di fame
o si consumano, spenti persino nel desiderio di sopravvivenza?
È una vera angoscia vivere sotto la scure della manipolazione.
Oggi, più di ieri, il tempo della riflessione si è assottigliato, quasi esaurito nel fascino di una immediatezza che lascia solo orme di dilanianti delusioni.
Quante decisioni scorrono, l’una dopo l’altra, determinando spesso conseguenze incredibili?
Purtroppo, quasi nessuno, prima di decidere, ama sostare nel profondo di sè, alla ricerca di ciò che è valido per gli altri e per se stesso.
L’irriflessione veste il modo di pensare ed agire odierno, dove tutto si consuma velocemente e pericolosamente, passando tra sponde diverse senza alcuna ponderazione.
Nella fretta, il secondario che prende il sopravvento, molto spesso si trasforma nella morte del principale e del necessario.
Tutto diventa normale, persino le cose peggiori, che si compiono nell’abbraccio del delirio.
Un uomo che non predilige la riflessione prima di agire, rischia di rovinare nel baratro della sofferenza,che egli genera per sè e per gli altri.
Quanta tristezza scende nel cuore, quando a sera, raggomitolato nel silenzio,
vedo passare davanti agli occhi gli sconfitti del giorno!
E sono tanti, di ogni età, tutti trafitti dalla incapacitá di reagire alla società,
appesa alla cultura dello scarto, foriera di un mondo periferico,
dove ascoltare il grido dell’abbandono è una dolorosa costante.
Non sapeva né leggere
né scrivere,
ma guardava con il cuore
tutto,
dipingendo sul suo volto
le lettere dell’alfabeto,
che esprimevano in silenzio
una profonda sofferenza,
quella di chi
non aveva potuto imparare
né a leggere nè a scrivere.
Grande
era stata la sua povertà,
vissuta senza rabbia
e sempre lavorando,
nell’incanto di un futuro
mai spento,
ma più grande
fu la dignità di mio padre
che solo vedendo e parlando
scrisse e lesse un grande libro
la storia della sua famiglia.
Confusi come siamo noi
viviamo in un circuito
di moine,in un mercato
di parole,ove vendiamo
tutto,persino il cuore
sospeso a tanti deliri
Lo spettacolo è sempre lo stesso: mentre nel Mediterraneo si continua a morire,
nei palazzi del potere si recita, seguendo il solito canovaccio dell’ipocrisia
nel dissolvimento dell’umano.
Che vergogna ascoltare la difesa del proprio particolare in un mondo sempre più globalizzato,
lasciando in balia di se stessi, tanti poveri cristi,
che sfidano la morte per non essere uccisi nei loro paesi!
Mai una lacrima sui volti di chi comanda, ma solo parole politiche
senza cuore e sempre in cerca di simpatie.
E la tragedia si ripete ad ondate costanti, trafiggendo l’anima della povera gente,
i cui occhi si gonfiano di lacrime.
Quanta cultura nelle loro parole, gridate solo con l’ebbrezza di un’autocelebrazione, che affonda le radici in un retroterra accademico, senza alcuna considerazione di chi ascolta, al quale certa verbosità è del tutto straniera!
Troppi sono i temi scolastici che parlano forse anche a molti, ma la base, che ama discernere il proprio vissuto alla luce della fede, vorrebbe un sentire diverso, capace di rinnovare la sua capacitá di relazione, che trova nella solidarietà con Cristo, vero Dio e vero uomo, la possibilità di riconoscersi figli di Dio nel Figlio Gesù.
Oggi ciò che manca in tanti discorsi è la vicenda di Cristo che si mette in gioco sulle strade del mondo.
E, quindi, la necessitá, sull’esempio di Cristo, di uscire verso gli altri, ascoltare la loro sofferenza,
curarli con tenerezza, abbandonare tutto ciò che sembra fatalisticamente già scritto nella chiesa,
per aprirla al futuro, donare strumenti per interpretare le orme di Dio.