Nasce l’amore
Solo chi si ama,desidera conoscersi bene si cerca ovunque,anche nelle cose deboli Non vola in alto per vedersi tra le nubi ma preferisce stare con chi gli è vicino Soltanto nell’altro eleva la sua umanità e vive il silenzio di […]
Non essere triste, rischi di trovare chiuse persino le porte del cielo.
É la gioia che ti spalanca il cuore alle cose di lassù
e te le fa vivere come se fossero il suo lievito.
Un volto triste é sempre spento, non ha fremiti di sorriso né di sguardo.
Nulla osserva o trasmette, tutto gli é di peso: é un mondo senza speranza,
dove anche il sognare diventa un fastidio.
Il piacere di tacere, molto spesso, nasce dalla indisponibilitá all’ ascolto di chi comanda.
La prosopopea di essere migliore solo perchè fasciato di autorità, la pretesa di possedere le conclusioni per ogni problema solo perché amante dell’ ultima parola e la caparbietà di non riconoscere ad altri neppure il carisma delle buone intenzioni, è lo specchio, dove si può vedere la dissoluzione di ogni condivisione e la maschera di una povera autoesaltazione.
Non c’ è silenzio più sentito che quello che si ha davanti a personaggi di simile statura: è un effluvio di intelligenza e di umiltà, che, in poco tempo, diventa un boomerang per chi crede di essere il depositario di ogni sapere.
Sarebbe, invece, esemplare e certamente creativo, se chi comanda imparasse a guardare l’ altro con gli occhi dell’ anima e del cuore, per scoprire la veritá delle risposte e, soprattutto, la sincerità dei suoi intenti.
Stasera ho visto ciò che mai avrei voluto vedere.
Un amico,sacerdote, ricco di amici, in un letto d’ospedale,
spento nel volto, con labbra quasi sofferenti, con gli occhi prossimi al pianto,
solo,
senza una parola di conforto, un sorriso familiare,
in compagnia di una fredda badante.
Che tristezza!
Una vita consumata al servizio degli altri, donando persino le riserve del proprio cuore,
si accartoccia nello scrigno del mistero, dove trova e gusta l’ultimo riposo
nell’amore dell’amico vero: il suo Dio.
Troppe sono le cause che affliggono l’ umanità.
Insorgono ogni giorno con dinamiche disarmanti e si abbattono su di essa, prostrandola in un labirinto disperato, che acceca ogni barlume di pace e di armonia.
Come se non bastassero i continui conflitti interni e tra i diversi Stati, che accrescono la ragnatela della povertà; o gli stessi cambiamenti climatici, con effetti distruttivi, quasi il grido di vendetta di una natura tradita.
Come se non bastasse la caduta libera di tante economie, anche di quelle ad alto reddito, che hanno e stanno gettando sul lastrico quelle più deboli, non si può sottacere la presenza nel cuore dell’ uomo di una ” fames auri”, di un’ avidità personale, che lo porta spesso a calpestare la dignità di chiunque si pone come impedimento ad essa e, nello stesso tempo, a rendere sempre più deprimente ed offensivo il divario tra i ricchi e i poveri con disastrose rotture relazionali a tutti i livelli.
Finchè esistono uomini e Stati avidi, che interpretano le sfide globali senza alcuno spirito di solidarietà, ma solo nell’interesse di se stessi e del loro Paese, l’ umanità non uscirà mai dal guscio della povertà e, quindi, della sofferenza.
E lo scenario dei popoli sarà sempre un intarsio di immagini variegate, che rappresentano poveri, morenti per fame e ricchi per avidità.
Tu mi domandi: dove sono gli occhi di Dio
quando il mare risucchia donne e bambini
che, lasciati come fagotti sulle carrette
galleggianti, diventano preda delle acque
in vortici di follia, che decretano morti?
Ma io ti chiedo: dov’è l’uomo che baratta
la vita degli innocenti per pochi denari
mercenario che davanti al pericolo fugge
scaricandoli ovunque come futili oggetti
non sempre restituiti dalla pietà marina?
Purtroppo la sorte dell’ uomo non aleggia
più verso il cielo, a cui tendeva le mani
ma spazia sulla terra, dove si è esaurita
nella presa della ricchezza per la quale
sacrifica ogni cosa anche la vita altrui
E tu credi che Dio niente sente o chiude
gli occhi per non vedere: invece Lui è là
piange soffre e il suo è pianto di Padre
che scorre ogni volta che Caino massacra
Abele, eludendo nel cuore la Sua immagine
Egli fa sempre suo il dolore dell’ uomo e
lo vive come un altro calvario, attraendo
a Sé ogni cristo in un abbraccio d’amore
che gli dona nuovi respiri di vita quasi
effluvi di cuore che aprono all’ Eternità
Qui ritrovi i volti crocifissi dall’ uomo
abbracciati non più nella stiva del mare
come ultimo grido dell’ umanità sconfitta
ma nel cuore di Dio, raccolti a uno a uno
e asciugati dal sudario pregno di sangue
Non smarrire lo sguardo di Dio, rischi di scivolare nel labirinto nero dell’umanità.
Non sei una cosa come le altre: tu sei impastato di Dio.
Lui traspare in te e tu ogni giorno sei chiamato a trasfigurarti in Lui.
Non dissolverti nelle seduzioni, che divorano ogni Suo respiro.
Sei troppo importante, per affogarti nelle nullità della vita.
La comunicazione è l’effluvio della società nella quale viviamo.
E poiché oggi, più di ieri, siamo smarriti e spesso appesantiti dall’ assenza dei valori, stressati dalla sola preoccupazione dell’apparenza, dalla voglia di cose sempre nuove, da ciò che fa spettacolo e dalla cultura che ama lo scontro e non l’incontro, è facile registrare, in tale contesto, il gusto di una comunicazione disattenta e poco rispettosa della verità e della dignità delle persone.
Purtroppo, c’ è un uso dei mezzi di comunicazione, senza saggezza ed equilibrio, che sembrano più megafoni di rissosità e di chiasso inutile, che veicoli positivi di messaggi, incoraggianti a cercare il dialogo e l’amicizia.
Raccontano cose e persone, fatti ed accadimenti con dovizia di ingredienti, che non mirano al bene degli ascoltatori o lettori, ma solo ad ostentare protagonismo e povere stupidità.
Neppure creano o facilitano l’ amore del bello e del buono nel racconto del vissuto.
Anzi, propinano, a volte, coacervi di parole in chiaroscuro, ricche di allusioni, che si perdono di solito soltanto nell’ambiguo, per non dire, nel recipiente dell’immorale,che raccoglie scandali,speculazioni, concussioni,evasioni, agguati… presentati con la goduria dello scoop e non con la partecipazione sofferta di chi vuole cambiare l’identità di una società, nella quale sembra dominare un solo principio: è lecito cio che piace.
La comunicazione ha in sé la forza di grandi cambiamenti.
È come un fiume sempre in piena, che finchè sta negli argini, conosce la via di ingresso al mare.
Appena tracima da essi, spande fango e rifiuti, che sviliscono ogni bellezza.
Cio avviene tutte le volte che i personaggi pubblici usano il loro ruolo, non per comunicare la verità, condividendo e dialogando per la crescita di chi ascolta o legge, ma solo per interpretare se stessi, gli interessi di parte, le illusioni della gente, non importa se in contrasto o meno con la morale del vivere comune.
Posso sbagliare, scivolare nelle sabbie, ma mai ti dimentico.
Sei in me come io Te.
In ogni istante, buono o cattivo, ci cerchiamo sempre, come due bambini che si rincorrono,
finché non si incontrano per abbracciarsi.
E siamo noi.
Ci guardiamo fino a naufragare nei nostri occhi, dove riscopriamo l’amore vero.
Tu mi ami da sempre e sempre, ed io, benché fragile e cadente, comincio ed imparo ad amarti.
Negli ospedali, attraversando i corridoi dei reparti di oncologia, si nota che il sorriso è quasi straniero a coloro che l’affollano.
Si muovono come automi, in silenzio, stretti dalla morsa di una profonda pensosità.
Disincantati l’uno dall’altro, vivono con ansia l’attesa di una notizia liberante.
E su tutti aleggia l’angoscia di una spada tagliente:sani o malati?
È veramente duro trovarsi in tali reparti e posare il proprio sguardo su tanti volti incerti di ogni etá, già quasi spenti, prigionieri di una tensione, che ha il sapore dell’imprevedibile.
Ed è ancora più angosciante sbirciare nelle stanze e vedere la sofferenza reale di chi sa e vive il dramma di quello che ha; oppure incrociare gli occhi di un bambino ignaro, che guarda con la dolcezza di un angelo.
È l’eterno mistero del dolore, nel quale ogni uomo trova o la strada della Croce, che gli apre il cuore di Dio, o quella dell’assurdo, che gli chiude con una pietra tombale ogni anelito di speranza.