Nasce l’amore

Solo chi si ama,desidera conoscersi bene si cerca ovunque,anche nelle cose deboli Non vola in alto per vedersi tra le nubi ma preferisce stare con chi gli è vicino Soltanto nell’altro eleva la sua umanità e vive il silenzio di […]

Amami come sono

Amami come sono e non per ciò che sembro non cercare in me ciò che è in te:sbagli Ognuno ha in sè qualcosa di irripetibile tu,se vuoi,puoi imitarlo,ma mai copiarlo Forse ti impressioni per la mia maturità non desistere,sarai certo […]

Il miracolo delle lacrime

Chi non ha mai pianto non è un vero uomo e tanto meno ha una fede viva. Tra i tanti miracoli dell’umanita quello delle lacrime è  il più bello, perché schiude il cuore alla gioia e al dolore, al sorriso dell’accoglienza e […]

Chi bussa alla porta?

Non affogare la vita nello scrigno d’oro ogni cosa vive nel segno del provvisorio Nessuno si appaga in quello che possiede nè depone le ali,usate sempre per volare Chi ha,più vuole e si preoccupa di avere è come una trottola,mai […]

Più tempo per me

Ho consumato troppo tempo,senza avere nemmeno un istante per poter misurare la cifra tra ciò che ero ed oggi sono Sempre immerso nell’immediato,tutto m’è sfuggito di mano persino l’ombra del silenzio,dove guardavo al mio futuro Ora conto attraverso le rughe […]

 

Il tarlo del denaro

avQuando il tarlo del denaro si insinua nella vita,
rischi di renderla un recipiente senza nettare.
L’ assottigli nello spirito, l’ accresci nelle cose,
la prosciughi nei valori, la trasformi in ramo secco.
Tutto rovina ai suoi piedi persino la tua dignità,
che baratti coi  meandri degli affari e non ti avvedi
che alla fine della sera sei prigioniero nel castello
che hai creato, ma senza più lo specchio delll’anima.

 

Scomodo

Come è difficile dire la verità in un mondo

che ragiona alla stessa maniera,dove ognuno

non giudica da se stesso,ma secondo la moda

vinto dalle apparenze,dal grido delle bugie

che creano tanta assuefazione e accoglienza

del conforme,da ritenere scomodo chi mostra

pensieri diversi o inizia a giudicare da sé

non come uno che guarda nel solito specchio

ma in sé,dove trova lo spirito della verità

 

Saldato agli schemi

PAURETi osservo e ti trovo chiuso,
quasi saldato ai tuoi schemi mentali.
Le novità di apertura ti scandalizzano
e ti rivelano indisponibile a qualsiasi speranza,
contraria alla certezza delle vecchie abitudini.
Credendo di vivere in una trincea di verità,
rifiuti le tante onde di umanità,
che respirano dal cuore di chi si sente  diverso.
E tu non ti rendi conto che il mondo di ieri,
non serve per capire quello di oggi,
dove ognuno mostra la sua misura con libertà
e senza farsi condizionare dal pregiudizio.

 

 

 

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

q3    “Il Signore ha pietà del suo popolo”: è questo in sintesi il messaggio della liturgia odierna, la quale si situa in un contesto di conversione, quale risposta adeguata alla pazienza, alla premura di Dio, che non si stanca mai di rincorrere il peccatore. Anzi, Egli è attento al grido di chi soffre: il dolore tocca la tenerezza del Suo cuore. A differenza dell’uomo che non scorda il male ricevuto, Dio dimentica tutto; è sempre in un atteggiamento di attesa del figlio pentito, che ritorna alla casa del Padre. Egli non è un Dio freddo, rigido, vendicativo, quasi dirimpettaio alle sorti dell’umanità. E’ vicino a noi, per attirarci al Suo amore. Non si compiace della morte del peccatore, ma vuole la sua conversione, la sua salvezza. L’invito alla conversione è ben delimitato nel Vangelo di oggi sia nel commento a due episodi di cronaca del tempo, sia nella parabola del fico sterile.

Nel rifarsi a questi due episodi, Gesù vuole insegnare che la disgrazia non deve essere vista come un castigo di Dio, ma come un’occasione ed un avvertimento per la conversione. Il che significa che nei piccoli e nei grandi eventi della storia personale ed universale, bisogna imparare a cogliere i segni  della presenza di Dio, che, nonostante le nostre frequenti fragilità, continua a creare per noi sempre nuove opportunità di salvezza. E’ veramente infinita la speranza che Egli ripone in ognuno di noi, che, per quanto possiamo peccare, siamo sempre l’oggetto privilegiato della sua preoccupazione. E ciò si evince chiaramente dagli avvenimenti tristi riferiti da Gesù: la morte violenta di alcuni galilei ed il crollo della torre di Siloe, che schiaccia 18 uomini. Avvenimenti che devono essere interpretati non secondo il principio veterotestamentario che delitto e castigo si succedono necessariamente. In essi, invece, dobbiamo leggere un monito per trasformare il nostro cuore:”se non vi convertirete – dice Gesù – perirete tutti allo stesso modo”. Pertanto, non indifferenza di fronte allo scenario del mondo; non semplice visione di uno spettacolo di vicende umane che si rincorrono fatalisticamente, ma la nostra deve essere una vera presa di coscienza degli accadimenti quotidiani, per lasciarsi costantemente convertire da essi.

In questa liturgia quaresimale  si consolida, ancora di più, l’appello con cui Gesù ha iniziato la sua predicazione:”convertitevi e credete al Vangelo”. Si  sente quasi il grido del Figlio, che invoca il nostro ritorno, la nostra conciliazione con il Padre, dopo aver operato la liberazione dalle pesantezze del peccato che aggrovigliano il cuore, offuscano la mente. E il richiamo di Gesù alla conversione, oltre ad essere urgente, non si risolve in una facciata comportamentale, ma esige un cambiamento di mentalità, un diverso modo di pensare e di agire che costituisce la novità del vero cristiano. Naturalmente, convertire il cuore all’amore, al perdono, alla purezza, alla carità, alla solidarietà, alla giustizia, alla speranza, non è facile. Ci siamo troppo assuefatti alle nostre comodità; ci siamo troppo adattati alla visione del fico frondoso, ma infruttuoso! Ma il Signore sa anche che le trasformazioni interiori costano, richiedono tempo. Ecco perché, come il padrone della vigna, ha pazienza ed aspetta. Ci aspetta, perché portiamo frutti, diventiamo cristiani maturi, figli della sua tenerezza. Non ci taglia, ma ci  concima con il suo amore, con il suo affetto paterno e materno. Anche se la nostra vita spesso non rivela i frutti saporosi della fede e delle opere buone, la misericordia del Padre non ci manca mai. Egli non ci lascia in balia di noi stessi né ci chiude nei nostri errori; ma si occupa di noi, interviene nella nostra vita, proprio come il contadino che zappa il fico sterile, in attesa della sua fecondità.

Purtroppo, spesso resistiamo a questa presenza silenziosa ed amorevole di Dio, illudendoci di essere i padroni della nostra vita. Respingiamo la sua paternità misericordiosa, rischiando di essere tagliati come un fico, che non dà frutti. Un rischio che non possiamo correre, soprattutto se consideriamo che “per ognuno di noi ogni momento che passa è sempre l’ultimo ed è carico del nostro destino eterno”.

Perciò, non differiamo il nostro convertirci a Gesù e alle esigenze del Suo Vangelo, né adagiamoci sul passato senza più rinnovarci, perché – come ammonisce San Paolo – “chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”. E la certezza di stare in piedi davanti a Cristo dipende dalla nostra responsabilità nel progettarci come uomini nuovi, con lo spirito sempre giovane, proiettato verso gli orizzonti di una profonda conversione del cuore.

 

 

Dio e l’uomo

niloDio e l’uomo camminano spesso su arcobaleni paralleli.
L’ Uno vola sempre con la volontà della misericordia,
l’ altro vuole giocare con gli artigli della libertà.
Alla tenerezza di Dio, i cui respiri non mancano mai,
l’ uomo preferisce le vie tortuose della superbia,
che scivolano quasi sempre nei vicoli della cecitá.
Tra chi dona e chi rifiuta; tra chi ama e chi odia,
l’ uomo rivela quanta irresponsabilitá ha nel cuore:
un canovaccio che ripete ogni giorno e attraversa
la storia, scrivendo dolorose pagine di tragedie.

 

I don Abbondio moderni

“Il coraggio quando uno non ce l’ha – dice don Abbondio – non se lo può dare”.
Così, ieri come oggi, il coraggio della verità, della coerenza è solo un grido di parole, che cede facilmente al vento della prepotenza e di qualsiasi potere.
Tutti, a parole, sono bravi nel gridare il rispetto di se stessi, del proprio ruolo, e persino delle idee, mentre, in concreto, al cospetto di larvate minacce o aperte speranze, si piegano, soffocando ogni tonalità di sè.

Il don Abbondio non resta una semplice memoria manzoniana.

Anzi, nell’attuale contesto sociale, dove è cresciuto, in maniera esasperata, lo smarrimento morale e mentale, se ne riscontrano fotocopie perfette, moderni “vasi di terracotta costretti a viaggiare tra tanti vasi di ferro”.
Per cui, molti preferiscono spesso assecondare, piuttosto che contrastare l’ altrui invadenza.
Ed oggi non è facile trovare uno che ha voglia di lottare per la difesa di ciò che è e rappresenta.

Invece, è molto frequente vedere persone, che venderebbero persino l’anima, pur di tutelare ciò che hanno o di accrescere la maschera di ciò che sono.
Purtroppo i don Abbondio sono e saranno sempre presenti nella storia dell’ umanità e rappresentano le pagine bianche, dove i furbi imprimono il sigillo del loro potere.

Tu sei una cosa grande

Tu non cancellerai

mai

dal cuore l’amore

neppure

quando scrivi:”ti odio”

ai bordi delle strade;

ed anche se continui

ad incidere lo sciame

delle cattiverie

sulla fronte dei ponti

non consumerai

il carico dell’umanità;

Tu sei una cosa Grande

che può anche impazzire

ma non ucciderai

mai del tutto

il germe dell’amore

seminato nel tuo cuore;

un sorriso

il pianto di un bimbo

il dolore di una madre

possono sempre creare

in te

crisalidi di nuova vita.

 

 

Potere o servizio?

L’attaccamento a  ciò che si rappresenta ed a ciò  che si ha,  spesso prostra l’ andamento della vita in un chiaroscuro incerto, che appesantisce ogni soffio di libertà.

È un pò un lasciarsi imprigionare dalla voglia del ruolo occupato, dalla pretesa di essere il migliore, dalla paura di non essere più “personaggio” senza di esso.

Vivere questo stato è svilire lo spirito della libertà, unica vera ebbrezza, che allarga gli orizzonti e permette di volare alto, disincantato dalla frenesia di perpetuare in sè un qualcosa, la cui presenza ha sempre il crisma della temporaneità.

Sarebbe certamente più interessante gestire il ricevuto con la passione del servizio, senza mai considerarlo come espressione confusa di se stesso. Pertanto, lasciare un giorno ad altri una poltrona, non deve generare amarezza, ma solo un senso di gioia, soprattutto se usata nell’ interesse del bene comune.

Banchetti inutili

Non è forse vero che abbiamo abituato gli occhi a guardare altrove, quando ai bordi delle vie, come fagotti abbandonati, sono immoti tanti diseredati, sui cui volti è dipinto il grido della fame?

Non possiamo negare che siamo diventati troppo egoisti e chiusi nel benessere, per farci scomodare dal disagio di un’umanità tradita e trattata con indifferenza.

Preferiamo scivolare nello specchio delle mode, delle moderne fate, che offrono solo ebbrezze leggere, surrogati che addormentano cuore e mente, senza tormento di pensieri.

È un mondo di stranezza il nostro, che regala banchetti inutili a chi non ha bisogno e trattiene persino le briciole per chi non conta nulla.

Non sconfinare dall’anima

Quando non leggerai le stelle nella loro bellezza

perché ti sembrano affumicate per non dire spente

non sconfinare dalla tua anima,da cui escono echi

di voci in subbuglio,che si posano stranite arpie

per inquinarne lo splendore e coprirle di tenebre

ma fermati,guardati dentro,per cercare gli enigmi

che scorticano con orme profonde il suo letto,ove

ogni segreto respiro puro può diradare l’oscurità

e sprigionare onde di grazia,capaci di riproporre

la verità celeste che s’apre,colmandoti di stelle