In politica ognuno guarda esclusivamente a se stesso e al giardino che coltiva.
Il bene comune sembra soltanto un’ ombra rispetto a tali interessi, che diventano primari in ogni azione.
Tutti a parole fanno professione di fede nella collettività, ma nell’ impatto con la realtà ogni tensione è subordinata solo alla crescita personale e partitica.
Pertanto, ogni abbozzo di riforma o si inquadra in tali parametri oppure è destinata a soccombere nel disprezzo di ogni idealità.
E’ la storia del nostro Paese, dove la litigiosità è il tarlo delle menti e il tornaconto è il germe atavico di ogni periodo.
Così, in tale contesto, molti in pubblico fingono di essere d’accordo, in privato, invece, uccidono quanto concordato.
E giocano ognuno al rialzo solo per tutelare il loro futuro, spesso incuranti della condanna che il tempo certamente decreterà, soprattutto per i protagonisti di oggi, che stanno generando un vero e proprio oscurantismo politico in un gioco di idee, promesse e decisioni, che hanno la durata di un fioco cerino.
Povera Italia, scivolata nelle mani di tanti mestieranti della politica, che a tutti i costi vogliono ergersi a padri di una nuova Repubblica!
Categoria: Politica
Povera Italia!
Politici: galli parlanti
Siamo appesantiti da una politica che ha in sé una forza proteiformica veramente diabolica.
Mentre le problematiche esistenziali e di indilazionabile urgenza premono nella visione di una prostrazione economica e lavorativa mai registrata nella prima Repubblica – checchè possono dire i galli parlanti di oggi – i nuovi messia del cambiamento sciorinano sempre nuove idee, che hanno soltanto la forza di rallentare o addirittura di impallinare le precedenti, che muoiono prima di realizzarsi.
Così, mentre la forza lavorativa si aggroviglia nella tristezza della nullafacenza, assistendo ad una disoccupazione coatta, che genera sofferenza e lutto in tante famiglie, che trovano riparo nelle strutture caritative, questi potentati politici percorrono sempre strade cangianti senza sentire il bisogno di sistemare e definire positivamente prima le vie della vergogna, che sono quelle della povertà, della casa, dell’attesa e della realtà lavorativa, e, soprattutto, di disciplinare ” il socio occulto ” che è lo Stato, che non si stanca mai, attraverso le sue arpie istituzionali, di imporre continui balzelli fiscali.
Purtroppo non si può negare che molti politici ruspanti hanno solo la grande capacità di perdersi in una fiera verbale, che si scioglie facilmente nell’impatto con la realtà, ma non hanno alcun senso di concretezza nella soluzione dei tanti problemi che imprigionano il contesto sociale. Anzi, alcuni danno l’impressione che, in questa fiera di parole, mirano solo a svilire quanto di buono precedentemente pensato e progettato, e, nello stesso tempo, a banalizzare lo stesso nuovo che essi proclamano.
Forse non è una banalizzazione quanto prospettato da Renzi di affrontare subito il problema delle unioni civili, quando anche queste coppie, che certamente meritano tutta l’attenzione per soluzioni concrete, si dimenano anch’esse nel fallimento occupazionale? Non è forse vero che questa problematica così delicata, che coinvolge tutti in un approccio relazionale nuovo di rispetto e di accoglienza, debba essere considerata con serietà creativa e non come fumus nascente da uno spirito politico elettorale?
Finchè la malattia della confusione non abbandoni la mente e il cuore dei nostri politici; finchè questi non smettano di sognare solo per sé e per il giardino del loro partito, la nostra società non sarà mai una aiuola di fecondità, ma solo un misero deserto, costantemente prosciugato dai masanielli di turno.
La politica mangia anche il superfluo
E’ un momento di particolare fragilità economica quella che il nostro Paese sta vivendo, avvolto peraltro da una ragnatela politica, intarsiata di idee e comportamenti deboli, che nulla o poco fanno per invertire la bussola del disorientamento.
Infatti, non si può sottacere che il potere, al cospetto di tanta crisi, invece di tracciare nuove strade di rinnovamento, finalizzate alla eliminazione delle strutture intermedie frenanti ogni iniziativa personale ed imprenditoriale, si pavoneggia solo in una fiera verbale, che ha l’ unico scopo di difendere e garantire le proprie posizioni di privilegio.
E’ veramente avvilente assistere alla quotidiana commedia del mondo politico, che recita sempre sugli stessi canovacci con promesse che brucia appena proclamate, mentre si fa sempre più pesante la sofferenza dei vecchi e nuovi poveri, i quali cercano rifugio e comprensione esclusivamente nelle strutture di carità.
E ciò che crea rabbia è lo sperpero del denaro pubblico che, invece di essere veicolato verso le emergenze di solidarietà, viene consumato dai centri di potere persino per il loro superfluo. E’ il solito quadro della vergogna, sfumato in cornici di apparenze ingannevoli, che cedono al cospetto della verità processuale, triste intarsio di compromessi e di latrocinio. Un siffatto contesto, oltre a produrre smarrimento mentale, morale, sociale ed economico, con profondi steccati verso chi governa, innalza anche il livello di paura di perdere quel poco che si possiede.
Per cui chi ha, non spende; chi non ha, si fa mendico in cerca di sopravvivenza.
E, mentre l’indebitamento pubblico continua a prostrare il Paese, afflitto dalle fauci di un fisco, che non conosce limiti e che con grande fantasia conia, anno dopo anno, nuovi balzelli, è facile constatare la disperazione di chi, vedendo naufragare i tanti sacrifici in rivoli di appannaggi personali o partitici, compie gesti inconsulti, pur di liberarsi dalle tante arpie fiscali, che spesso non hanno alcun sapore di umanità.
Naturalmente tali situazioni di profonda precarietà e sofferenza generano negli uomini di buona volontà un approccio interpersonale qualitativamente diverso, non fatto di semplice e freddo corrispettivo tra prestazione e controprestazione, ma di comprensione e, soprattutto di una attenzione veramente umana, che nasce dal cuore e discende sul versante di questo terribile quotidiano, che coinvolge tante famiglie ed imprese già sull’orlo di una seria esplosione. Alla luce di tali considerazioni, che certamente non possono non stringere in una morsa di pensosità, è fortemente deprimente osservare lo scialacquio di denaro pubblico in barba ai morenti di fame e ai tanti portatori di carità, che agiscono in nome e per conto di Cristo.
Lo spettacolo della politica
E’ veramente deprimente lo spettacolo della politica, avvolta da una ragnatela di interessi, che tracciano strade di ipocrisia in un girotondo di finzioni, che mirano solo a salvaguardare il proprio egoismo. Mentre la miseria imprime il sigillo della povertà, gettando sul lastrico tante famiglie, assistiamo all’indifferenza del mondo politico, che cerca di tutelare solo il proprio giardino, già fiorito di benessere, e sempre più indisponibile ad ascoltare il grido della sofferenza dei poveri cristi che affollano le mense della Caritas.
Come è triste la visione di sperperi del denaro pubblico, gestito come se scendesse dal cielo e senza alcuna responsabilità, quando il suo gettito è irrorato da tasse continue ed asfissianti! Ma questo mondo della politica, che si veste sempre a festa, attingendo dovunque e senza mai disdegnare la rete dei compromessi, non ha ancora compreso che il suo modo di pensare ed agire è troppo lontano dalle esigenze della collettività, la quale, nella sua quotidianità, rivela rabbia e sdegno, pur non perdendo la speranza che il deserto di oggi, generato da poteri eccessivamente interessati e personali, si trasformi domani in un giardino fiorito, dove tutti possano respirare il profumo di una vita qualitativamente migliore, senza ladri e senza la solita commedia, recitata su canovacci di promesse mai mantenute.
Gli scialacquatori del denaro pubblico
Non c’è solo la povertà visibile che, senza parlare o chiedere, ma solo con gli occhi, bussa alla porta del cuore per pizzichi di considerazione: il dramma degli ultimi, che affollano le strade e campano con gli scarti, che spesso ricevono. Esiste un’altra povertà, quella che si vive all’interno di tante famiglie nell’angoscia del lavoro perduto, che ha infranto l’unica risorsa economica.
E se la prima è il frutto della ingordigia umana, mai stanca di accumulare per sé, senza alcun sentimento di condivisione; la seconda è il pessimo risultato di una gestione del potere, che ha pensato troppo agli interessi di parte senza garantire il futuro delle nuove generazioni.
Quest’ultima povertà, che si consuma nelle mura domestiche e si rivela in un andirivieni di richieste ai vecchi genitori se ci sono, o alle strutture della Caritas parrocchiale, potrebbe esplodere, in breve tempo, in maniera eclatante, se lo Stato non inizia a movimentarsi con una vera fantasia di iniziative valide e concrete a favore delle famiglie cadute in disgrazia.
E’ il futuro della società che è in gioco. E finchè tale futuro resta imprigionato in un presente senza idee e prospettive, ma solo intarsiato da una ridicola e chiassosa rissosità tra i detentori del potere, il calice del benessere sarà bevuto soltanto da pochi fortunati, che, nemmeno a farla a posta, sono sempre gli stessi: gli scialacquatori del denaro pubblico.
Il mostro della Burocrazia
La burocrazia è uno dei peggiori disagi, che affligge la nostra società. Un vero sistema di potere silenzioso, che impone pesanti fardelli di denaro e di tempo, impregnati da continui capricci verbali, che hanno nomi diversi e sempre destinati a rallentare ogni iniziativa sia imprenditoriale che personale. E’ una ragnatela avvolgente con fili soffocanti, che si insinuano ovunque, generando contesti di perbenismo interessato che si scioglie soltanto con i soliti ritornelli del do ut des. E la politica, che nicchia nei suoi aborti di fantasia, poco o nulla fa per eliminare questo mostro dalle multiformi teste, che sta divorando lo stesso Stato . Poco o nulla fa per snellire questa locomotiva, che uccide la voglia di viaggiare, tanto è lenta e paurosa di perdere le trame dei propri appannaggi economici. Eppure, in una società che sta cadendo nella povertà; che vede bruciata ogni speranza occupazionale, è veramente assurdo registrare come le strutture di controllo addormentino ogni rilascio di autorizzazioni sia per i piccoli che per i grandi progetti, la cui valutazione finale arriva quasi sempre dopo esaurimenti di tempo e di denaro. E la politica grida e a volte promette riforme, che mai arrivano, quando sarebbe sufficiente solo una leggina che contemplasse tempi perentori per ogni autorizzazione e sanzioni per chi senza giustificati motivi non rispettasse i termini previsti. Il che eviterebbe lo spettacolo dei tanti salotti nei luoghi di lavoro e darebbe certamente maggiore dignità all’intelligenza di chi,arrabiato,osserva i capricci interessati dei burocrati di turno.
Fatti, non parole!
Molti credono e si illudono che siano solo le parole a persuadere la gente.
Invece, non è così. Ciò che la veicola di più a pensare e a dare svolte radicali alla vita sono i fatti, i quali soffiano sempre una silenziosa esortazione.
Ed oggi, più di ieri, la nostra società, frustrata da un forte smarrimento mentale, morale, politico e sociale, ha bisogno non tanto di chiacchiere, ma di fatti.
Del resto, la storia insegna che gli uomini, anche se vengono colpiti dalla bellezza delle parole, alla fine risultano sempre conquistati dagli esempi e, quindi, dai fatti.
Pertanto, se uno vuole convincere o lasciare orme di vera memoria, non deve perdersi in chiacchiere, ma nei fatti, che certamente creano consenso e trascinano alla sequela.
L’ Italia: una locomotiva arrugginita
Le profezie dell’aurora economica da ben sette anni vengono puntualmente smentite.
Il solito intarsio di dichiarazioni, gridate come foriere di crescita,continua,invece, a scivolare sulla strada di una disoccupazione sempre in aumento, di una disarmante depressione dei consumi, che aprono orizzonti di nuove e malinconiche povertà.
La visione della società attuale offre uno spettacolo in chiaroscuro,dove, al di là delle parole,uniche ad aprire barlumi di speranze che presto muoiono, si constata una forte dose di incapacità a rompere il peso della burocrazia, delle lobbj e di tutto quel coacervo di misteri, che impediscono di pensare e volare alto.
Non c’è una istituzione che non pensa al suo “particolare” o non crea una barriera di resistenza a tutto ciò che scalfisce i propri privilegi. Non c’è un partito che non si muove se non in difesa di se stesso, anche a costo di bruciare le aspettative della collettività.
Che strano Paese è il nostro!
Tutti gridano la necessità delle riforme, ma nessuno realmente le vuole, soprattutto se toccano le tasche dei soliti protagonisti.
Giocano sulle scacchiere dei risparmi della gente, con continui balzelli fiscali, mentre la miseria aumenta, assumendo, spesso, connotazioni di vera disperazione.
E’ uno scenario questo, che certamente genera confusione e, in chi ha ancora briciole di umanità, tanta amarezza, soprattutto quando ci si trova al cospetto di persone, nei cui occhi si vede e si legge l’impossibilità di rispettare l’impegno di una pigione o la stessa gestione quotidiana della propria famiglia.
Così, mentre i Grandi discutono per una poltrona in più o in meno e nulla fanno per decurtare la maestosità dei loro stipendi, che continuano ad essere una grave offesa a chi non ha il necessario, la commedia si fa tragedia per tanti imprenditori, per tante famiglie.
Sette anni di parole, puntualmente tradite dall’ assenza di una vera fantasia politica, economica e comunitaria.
Finchè il germe del “particolare” da tutelare persiste nel cuore dei politici e delle istituzioni e, soprattutto, della burocrazia, la nostra società non sarà mai una vera “Ferrari”, ma solo una locomotiva arrugginita, carica di vecchi e patologici interessi.
Il Parlamento: che vergogna!
E’ una sofferenza lacerante assistere alle sceneggiate dei parlamentari, che hanno trasformato le camere in teatri, dove ognuno recita, servendosi di canovacci artefatti e quasi sempre gia’ in disuso.
Parlano e si muovono come comparse con la voglia di sentirsi protagonisti davanti ai loro protettori politici.Ma non si rendono conto che hanno imbastito solo un coacervo di senza idee, anzi con una sola idea,quella di restare parlamentari, ben sapendo che nessuno ,al di fuori del Parlamento, potrebbe sostenere la loro costosa nullafacenza, se non questa politica di compromessi estremi.
Discutono con il solito girotondo di parole incomprensibili, gridano e gesticolano per dare suffragio ai loro morti pensieri, mentre fuori la realtà rivela un intarsio di graffiante povertà.
Ed è triste,soprattutto se si consideri che all’ avanzare della miseria risponda la loro prosopopea di inutili iniziative o di continui tentativi di raschiare quei pochi risparmi, che ancora resistono alle follie fiscali.
Fino a quando durerà questo vincastro parlamentare nelle mani di tanti sprovveduti, veicolati sul piedistallo del potere dalla nostra leggerezza comportamentale? E’ proprio vero che ogni comunità merita i parlamentari che sceglie. E noi, anche se non li abbiamo scelti , perche esautorati da una legge elettorale blasfema, nulla o poco abbiamo fatto per cambiare il corso degli eventi,quasi sempre attratti dagli ammaliatori di turno.
E finchè continuiamo ad ascoltare i troppi grilli parlanti, che fanno solo del chiasso, senza mai donare contenuti veri, saremo sempre spettatori arrabbiati in un teatro calpestato da comparse e finti attori che gridano solo per se stessi.
Il ritorno alla ” preferenza “
La riforma elettorale è una esigenza indilazionabile.
E’ l’unica strada valida per il ritorno all’amore verso la politica, la quale, al di là del disagio affettivo, generato da una sequela di comportamenti maldestri e poco dignitosi, resta il vero mondo, dove ognuno può esprimere se stesso nell’interesse della collettività.
Purtroppo, in quest’ultimo ventennio, la mania partitica l’ ha svilita, facendola scivolare in un mosaico di tasselli voluti dai capi e non più dalla volontà popolare, del tutto espropriata dei suoi poteri di scelta.
Il pensiero dominante dei nuovi politici non è stato il rispetto della rappresentatività popolare, che creava interesse per scelte qualificate di persone conosciute e nelle quali ognuno aveva fiducia, ma solo l’intrigo artificioso, per realizzare una corte di incerti personaggi, pronti ai ” sì ” di convenienza e non di intelligenza autonoma, finalizzata al bene della collettività.
Oggi non basta parlare di riforma elettorale, è necessario trovare gli ingrediendi validi per un risveglio d’amore verso la politica sana e vera.
E il ritorno alla ” preferenza ” potrebbe costituire il veicolo per un approdo fecondo, in cui ognuno rigusterà il sapore di essere protagonista e non semplice comparsa.