Categoria: Pensiero del giorno

Distanza tra fede e vita

mercatoL’identità cristiana non è una etichetta da ostentare a seconda delle circostanze o uno scrigno di emozioni che si apre ad intermittenza, per alleviare la coltre della  insoddisfazione interiore.

Oggi molti sono i cristiani di sole labbra, che rumoreggiano la loro fede come un qualsiasi  prodotto, ma nell’impatto con la quotidianità, dove ognuno è chiamato a relazionarsi e a  misurarsi con l’altro, rivelano poco o nulla di ciò che dicono di essere.

Il loro cuore è come ” un mercato rionale”, dove si trova tutto e il contrario di tutto. Un  miscuglio di cose e pensieri che genera soltanto distanza tra fede e vita.

Ed è proprio questa incoerenza  che mina  la stessa credibilità della Chiesa.

 

Che cosa è la Chiesa?

chiesaLa Chiesa non è un apparato burocratico né un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è un corpo vivente, che cammina ed agisce nella storia. Cristo  è la  Luce, che tiene unite le membra di  questo corpo e  il segno, lo strumento di tale riunificazione è appunto  la Chiesa, la quale, lasciandosi invadere dalla Luce, è il vero  centro di irradiazione della salvezza.

Questa Chiesa, anche se da alcuni viene considerata impropriamente un corpo fermo, chiuso nei suoi privilegi o nello scrigno di una fede da libro, è un popolo sempre  in movimento, in tensione continua all’ incontro con Cristo. Guai se non avesse  tale capacità, che la fa uscire da se stessa, per portarsi ovunque, soprattutto verso le periferie dell’esistenza, dove  insorge realmente la visione dei cristi sofferenti, che la società ignora.

Una Chiesa senza questi respiri fecondi di apertura, senza il desiderio di spalancare le porte per dilatarsi, con profonda relazione, in Dio  e nell’ uomo, rischia di ammalarsi, di invecchiare in un semplice gioco autoreferenziale, che soffoca la bellezza dello Spirito Santo, agente primario della sua vitalità.

Del resto, se la Chiesa è un corpo vivente, essa ha un capo che è Gesù, il quale la guida, la nutre e la sorregge. E come la persona, nella sua interezza, non sopravvive, se si separa il capo dal  resto del corpo, così la Chiesa non resiste senza essere legata intensamente a Gesù.

Il che dimostra quanto è assurda l’affermazione di coloro  che  proclamano la loro identità cristiana senza l’appartenenza alla Chiesa. A tale proposito, è bello ricordare quello che diceva Paolo VI:” è una dicotomia assurda voler vivere con Gesù senza la Chiesa,  seguire Gesù fuori della Chiesa, amare Gesù senza la Chiesa”.

Non è facile donare

“Sbaglia – diceva Seneca – chi crede che sia facile donare”.

Aveva veramente ragione il grande scrittore dell’ antichità, soprattutto se si consideri che ogni regalo è  quasi sempre espressione del piacere di chi dona e mai o raramente di chi riceve.

Aldilà che ogni dono è  sempre un po’  frutto di un gioco di interesse ed egoismo e non manifestazione di affetto sincero, credo che sia  opportuno sottolineare che in ogni regalo ” il modo di donare – scriveva Corneille – vale più di ciò che si dona”.

Infatti, un dono dato con freddezza, quasi come fastidio; un gesto di carità compiuto per tranquillizzare o per tacitare la propria coscienza, non ha lo stesso valore di ciò che si dà  con amore, con gioia e, soprattutto, con il sorriso dell’intelligenza e della finezza.

Perciò, spesso è  più importante il modo con cui si dona che il dono stesso.

Preti untuosi o farfalle

preti farfalleMolti  credono  che la Chiesa si mantiene solo  per  i  suoi apparati burocratici o anche per talune modalità comportamentali di un certo clero, che spesso invece di testimoniare i frutti dell’ Unzione sacramentale ricevuta, ossia del sacerdozio, preferisce scivolare nelle untuosità delle mode, che  a volte  generano consensi, ma plasmano anche vesti di ridicolo:” La mondanità nella Chiesa – dice Papa Francesco – porta gli applausi, ma espone al ridicolo”.

Ed è  veramente deprimente vedere gente di Chiesa trasformarsi in manichini televisivi in cerca di notorietà, senza mai parlare di Gesù.  O addirittura sembrare delle  farfalle in continuo movimento, senza mai darsi una vera identità umana e  sacerdotale.

Eppure, nonostante tante miserie che schiudono pensosità  ed incertezze e che  spesso motivano allontanamenti e resistenze a lasciarsi abbracciare dal respiro di Dio, la Chiesa si permea di una autentica freschezza di fecondità, di una luce splendente, che Le viene non dagli uomini che la rappresentano, ma certamente dall’alto.

Infatti, in  Essa  c’è  e vive  un mistero di ricchezza, animato dallo Spirito Santo,  che aleggia invisibilmente, guidandola  e proteggendola da ogni tentativo interno ed esterno di inquinamento.

Certo, non si può sottacere che gli spazi di malessere si insinuano nel suo tessuto con più facilità rispetto a quelli del benessere spirituale, però  non avranno mai il sopravvento, perché Gesù Cristo non può smentirsi:” Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

Pertanto, possiamo anche  macchiare di tanti nei  la Chiesa, ma nessuno e tantomeno la presenza di preti untuosi o  di farfalle  La possono   mettere in discussione.

 

Non lasciarti sedurre

sognareNon lasciarti mai sedurre dalle promesse, soprattutto se espresse  al primo impatto di conoscenza.

Potrebbero facilmente appesantire il cuore, fino a disincantarlo da quello afflato di umanità che è essenziale, ogni giorno, per la realizzazione di  una vera interpersonalità.

Ognuno è libero di sognare ed è veramente bello sognare, avendo davanti la consapevolezza delle proprie capacità.

Ma è da sciocco affidarsi ai sogni, che altri creano con  la furbizia di vuote prospettive.

Il canovaccio dell’ipocrisia

Molti amano esaminare più la condotta degli altri che la propria.
Giocano facilmente con lame sottili sulla pelle altrui,
la scorticano fino alle lacrime, ma non osservano
le chiazze disseminate un po’ ovunque sul loro corpo.
Agiscono da maestri, imponendo solo comportamenti perfetti,
ma sono ben lontano dall’ essere testimoni dei valori che insegnano.
Parlano con il linguaggio  dell’ amore, però non disdegnano
di prevaricare ogni sorta di umanità.
Il loro è il solito canovaccio dell’ ipocrisia, che recitano con arte,
cercando di apparire ciò che non sono nella realtà.

 

 

Perchè vado a Medjugorje ?

Vado a Medjugorje non perchè attratto dai veggenti, ma solo dal respiro di Dio, che
mi avvolge e mi accarezza, ogni volta che inizio a salire il Podbrdo e il Krizevac.
Cammino lentamente e prego.
Non mi fermo mai, se non per alzare gli occhi al cielo e ringraziare Gesù,
per avermi data la gioia di essere in Lui figlio della stessa Madre, Maria.
Non cerco miracoli o eventi straordinari, anche se tutto si veste di mistero,
che si fa luce sul volto di ogni pellegrino, le cui labbra sorridono di fede.

 

Che cosa ho visto a Medjugorje?

A Medjugorje non ho trovato maestri di fede, ma testimoni.
Non ho visto strade affollate da santi,ma confessionali assediati da pellegrini,
desiderosi di incontrare il Signore.
Non sono stato attratto dalle parole,ma dal silenzio adorante l’Eucaristia.
Non ho vissuto momenti di fede nuova,ma solo di profonda volontà a rinnovarmi in Cristo, guidato da Maria,sua madre.
Non ho sentito messaggi estranei al Vangelo,ma inviti a viverlo,ad ascoltare la voce di Dio. Qui ho amato ancora di più la Chiesa,che si rende  viva nella preghiera di moltissimi giovani in ginocchio,con gli occhi fissi su di un altare all’aperto, dove odorano  il profumo della presenza di Cristo e di Maria.

 

Troppa finta felicità

giovane triste

Troppa finta felicità leggiamo oggi sui volti di molti giovani. Una patina di polvere che vola via appena sfiorata da un po’ di vento.

Un miscuglio di sorrisi e moine che nasconde un profondo senso di vuoto interiore. In essi entusiasmo e scoramento, gioia e tristezza si rincorrono, creando amaro fastidio di fragilità,  che si fa prostrazione.

Credono di stordirsi nel chiasso: illusione di breve durata, che apre la porta all’insorgenza della insoddisfazione. Finché a dirigere i passi della vita sono le cose, il divertimento e tutti i corollari della leggerezza comportamentale, l’ anima giovanile sarà sempre un recipiente vuoto e di odori non gradevoli, che rischia di rompersi al primo impatto serio.

Purtroppo, non si può negare che questo senso di frustrazione nasce anche dall’assenza di un futuro, assorbito già dalla voragine del presente, che vede consumare ogni prospettiva, ogni speranza di novità. Ed è proprio quest’assenza di futuro, di spazi vitali che genera nei giovani la voglia di naufragare nel crogiolo del fittizio, uscendone l’indomani più frastornati che mai.

Così appesantiti, si fanno facilmente sedurre dai megafoni dei nuovi istrioni politici, che offrono certezze a basso costo.

Come sarebbe entusiasmante, se ognuno e, soprattutto, i più giovani fermassero l’orologio della vita per una breve sosta, per guardarsi dentro, non solo per scoprire le resistenze del cuore alle cose veramente belle, ma anche per alleggerirsi di quel ferro arrugginito, che disturba la bussola della vita.

In questa sosta ognuno potrebbe gustare  la vera felicità, che non nasce dal possedere tante cose né  dalla fiera delle parole che si dimenano nei cosiddetti mercati rionali,  ma dall’aver incontrato una  Persona: Gesù, che è sempre in mezzo a noi; nasce dalla consapevolezza che in Sua compagnia  nessuno si sente solo, anche quando il cammino della vita si scontra con  difficoltà che sembrano insormontabili.

Feticismo del denaro

feticismo del denaro

La volontà di possesso non ha limiti in questo contesto sociale.

Anzi, più cresce la fragilità economica, più si acuisce  l’animus possidendi, senza alcuna considerazione dell’umanità, sacrificata agli idoli del profitto e del consumo.

Purtroppo, oggi chi comanda è solo il denaro, salvacondotto per ogni meta da raggiungere.

Infatti, per chi ha soldi, nulla è impossibile. Non ci sono porte che non si aprono, anzi si spalancano, in ossequio ad un rito quasi feticistico.

Tutto è acquistabile, tutto è vendibile, essendo ormai tutto, cosa e persona, una pedina sulla scacchiera del proprio egoismo.

Auri sacra fames, il dio che calpesta diritti e qualsiasi dignità, distrugge ogni rapporto anche fraterno, in una ragnatela avvolgente cuore e mente, che gravitano a senso unico: la roba.

Eppure, questo dio denaro che genera molteplici forme di idolatria, vestendosi da despota assoluto, non è in grado di comprare nemmeno una spanna di felicità, quella che vive nell’ anima e si legge sul volto di ogni persona.