Non basta sostituire la metodica dell’annuncio per auspicare cambiamenti di vita in chi ascolta.
Ciò che è importante non è come parlare all’altro, ma avere un cuore per poter entrare nell’altro.
E’ vero che la semplicità delle parole e dei gesti, oggi tanto di moda, crea fascino e simpatia, ma essa può sciogliersi facilmente, se non si fonda sulla ricchezza del cuore, le cui vibrazioni rilevano la bellezza dell’anima di chi parla.
Così non sono le parole facili di Papa Francesco né i suoi comportamenti da plauso a dargli tanto successo, ma il cuore, che impregna di novità ogni sua parola e gesto.
Perché molti pur essendo semplici non riscaldano l’interesse di chi ascolta?
Purtroppo, parlano senza cuore e solo guidati dalla mente,che, per quanto possa brillare ed ostentare cultura,non genera mai in chi ascolta domande di verità.
E’ solo il cuore, plasmato dallo Spirito, che trasforma ogni parola in forza penetrante ed apre l’esistenza allo stupore di Dio e del prossimo.
Categoria: Pensiero del giorno
Il cuore di Papa Francesco
Il racconto di Emmaus
I due discepoli di Emmaus sono lo specchio di molti giovani di oggi, che, dopo aver accarezzato nello scrigno del cuore tanti sogni, sperimentano il loro naufragio.
E nella sconfitta, invece di cercare nuove spinte, si abbandonano, facendosi sopraffare dalla delusione.
Invece di credere ancora in quello che sarà il ” dopo “, si chiudono nel malinconico ” speravamo “, scendendo verso il villaggio del loro piccolo mondo, per vivere il ritorno alla normalità.
Ma Qualcuno non la pensa così.
Silenziosamente ed invisibilmente tesse un’ altra storia, quella del ” dopo ” la delusione, che apre orizzonti di una nuova luce.
E questo Qualcuno si fa compagno di viaggio, sussurrando parole di vita, che fanno comprendere che alla fine del terzo giorno c’ è ” un dopo ” di gloria.
Papa Francesco: esempio da imitare
Ne quid nimis: stare nei limiti, al di là o al di qua dei quali ogni comportamento potrebbe subire uno svilimento nella sua verità.
Ciò vale per tutte le azioni, anche per quelle religiose, spesso trascinate in enfasi con ingredienti fortemente marcati, che chiudono il Mistero alle sorprese di Dio.
Oggi, più di ieri, molti hanno smarrito le vie del semplice e dell’ essenziale, per addentrarsi nell’ ampolloso e nello sfarzo, come se tutto dipendesse da esso.
Certamente crea non poco stupore, all’ interno delle chiese, la visione persino delle piccole cose e degli stessi movimenti, che, a tutti i costi, si vogliono vestire di solenni liturgie, facendo cosi cadere da essi ogni spontaneità.
Ed anche se non si può negare che tutto crea bellezza esteriore, è altrettanto vero che non tutti sentono il profumo della presenza di Dio.
Anzi, è più facile percepire l’ uomo nei suoi apparati sacri, che il Mistero, il quale si rivela solo mediante lo Spirito, nel cuore di chi vede ed ascolta.
Quanta attrazione genera Papa Francesco con la sua semplicità e, soprattutto, con l’assenza delle esteriorità, che quasi sempre tarpano le sorprese dello Spirito?
Perché ancora molti, di vertice e di base, non si lasciano plasmare da tali comportamenti, che sprigionano l’ odore di Dio?
Perché abbrutire il creato?
Il creato, pur rivelando ancora tante meraviglie, che allargano cuore e mente a percorrere le vie dell’Oltre, presenta non pochi tratti di sfruttamento e di trascuratezza, compiuti sistematicamente dall’uomo, che, sentendosi incontrastato padrone, lo abbrutisce, trasformandolo non in una aiuola abitabile, ma in una pattumiera di veleni.
Coltivare, custodire la terra che un tempo era la passione di ogni agricoltore ed apriva enormi distese verdeggianti o ampi spazi di frutteti, oggi sembra solo un sogno, tanto si è fatto cattivo l’ uomo verso il proprio ambiente, che tradisce ed avvelena per semplice ingordigia.
Ed è proprio questa idolatria del denaro, che lo spinge a sacrificare tutto ciò che di bello e di valido Dio ha creato, incurante della dignità e sacralità della vita, sempre più prigioniera dei veleni nascosti e manifesti, sparsi ovunque, come squallidi trofei, in un mondo che si avvia al disastro.
Che vergogna tradire la vita propria e quella degli altri per l’ esecranda fame del denaro!
Cosa non è la fede
Amico mio, la fede non è un repertorio di belle parole nè di comportamenti abitudinari, ma è tensione costante a vedersi nel cuore di Dio e a sentire Dio nel proprio cuore.
Ed è proprio questa stupenda inabitazione, che genera la voglia di essere più uomo nella ricerca del suo Mistero.
Tu credi che quanto più sai, quanto più ti documenti, tanto più hai fede.
Non è affatto così.
La fede non si misura dalla ricchezza del semplice sapere o dal numero dei libri letti.
Essa è nel cuore e quanto più il tuo cuore si abbandona incondizionatamente a Dio, tanto più si consolida ed ancora di più cresce in te il desiderio di chiederGli:”Signore aumenta la mia fede”.
Neppure la trovi nel carosello delle esteriorità così di moda oggi, dove il sembrare ha soppiantato l’ essere.
Tu se vuoi gustare la vera fede, che ti permette di entrare nell’intimo di Dio, dove Lo puoi conoscere, contemplare e vedere così come è, nella sua identità personale, nella sua realtà della vita eterna e nella sua situazione di comunione trinitaria di amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, devi fare deserto nel tuo cuore, metterti in ascolto e lasciarti guidare dallo Spirito Santo, che ti aprirà alle sue sorprese.
Sorprese che non sono troppo lontane da te, ma sono accanto a te, lungo la strada, dove c’ è un prossimo ultimo, che ha gli stessi occhi, le stesse mani, gli stessi piedi di Gesù.
Prediche senza palpiti
Ha veramente ragione chi dice che troppe omelie nelle domeniche ” sono prediche noiose, che scivolano via da pulpiti senza palpiti “.
Infatti, in ogni parola si constata spesso una vera assenza di cuore, si sente il peso di un eloquio da ostentare e non l’annuncio della bellezza di Cristo e del Vangelo da seguire con fedeltà.
Ci si trova ad ascoltare parole preconfezionate, senza il calore dello spirito; prediche improvvisate, che volano senza farsi interpreti del messaggio della liturgia della Parola.
O addirittura prediche disincantate dal contesto biblico ed imbevute di rivoli verbali, che muoiono nel mare di incerte considerazioni sociali.
Purtroppo, si parla poco di Cristo e troppo di cose inutili: anzi, a volte la parola di Dio viene oscurata da quella di chi predica, preso solo dal presunto fascino delle sue parole.
Credo che oggi, più di ieri, urge una riflessione attenta sul modo di predicare; una rimessa a punto del linguaggio da avere davanti all’ assemblea in ascolto.
Un linguaggio non prigioniero della propria cultura, ma animato dallo Spirito Santo, le cui vibrazioni certamente plasmano nel cuore un vero effluvio di parole, che, una volta proclamate, lasciano profonde orme di sequela. Pertanto, chi predica, deve svuotarsi della sua verbosita e deve riempirsi solo di Cristo e del Vangelo.
Solo così un’ omelia sarà efficace e toccherà il cuore dell’assemblea, pronta a gustare ogni parola che esce dalle sue labbra.
La verità, essenziale in una coppia
Una coppia,che decide di gettare le sue fondamenta sulla roccia della verità, è destinata a consolidarsi sempre di più.
Anche se spesso la fedeltà a ciò che è vero, genera sofferenza e può determinare persino vie parallele, la sua forza paga sempre con la serenità e, nello stesso tempo, libera da tutte le maschere, che la menzogna dipinge.
Perciò, nessuno deve aver paura della veritá.
Anzi, ricercare ciò che è vero, parlare con e della verità, e fare sempre ciò che è giusto, costituiscono la linfa, per alimentare la vita di coppia.
Viceversa, una coppia che si costruisce sull’inganno, sulla bugia non solo non può esistere, ma non può neppure resistere.
Essendo senza basi solide, perché i suoi mattoni sono di cartapesta, si sgretola facilmente, al più piccolo urto, anche di barlumi di veritá.
Solo chi dice e fa la veritá, illumina le relazioni umane e dona integrità sincera ad ogni interpersonalitá.
Cristiani anagrafici
Molti sono i cristiani che balbettano la loro appartenenza alla Chiesa senza alcuna convinzione.
Si vestono a festa la domenica, pur vivendo nei giorni feriali, al guinzaglio dei propri interessi, distanti da Dio e dal prossimo.
Il loro è un cristianesimo spento, privo di vitalità, raccolto in un album di semplici ricordi, che affiorano per subito scomparire.
In certe circostanze liturgiche trovano anche spunti di emozioni ed autoesaltazione dello spirito.
Ma il loro vissuto quotidiano mai si libera di quella fuliggine di mediocrità, che resiste ad ogni apertura di fede.
Pensano di essere puliti solo perché sanno chiudersi nel loro perbenismo esteriore.
Credono di essere buoni solo perché ogni tanto donano un po’ del loro superfluo.
Si illudono di essere onesti solo perché non rubano al prossimo, anche se non disdegnano di fregare la cosa pubblica.
E sono proprio costoro che intenebrano la fede e svuotano il cristianesimo, i quali non esigono maschere di bellezza, ma trasparenza di cuori, capaci di sentire e sentirsi nel cuore di Dio.
E’ troppo vero quanto diceva S. Ignazio di Antiochia:”E’ meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo”.
L’albero della corruzione
L’ eccesso di burocrazia e la mancanza di trasparenza sono gli involucri silenziosi delle pubbliche amministrazioni, le quali, al di là delle procedure e delle regole, che sembrano fatte ad arte per imbastire trappole di compromessi, nulla o poco fanno nel darsi un modello organizzativo più snello e semplificato, che, coniugando garanzie ed efficienza, produca risultati in tempi brevi.
Molto spesso è proprio la necessità dei tempi brevi a generare rapporti oscuri, che quasi sempre si traducono in dazione di denaro.
Neppure bisogna sottacere il peso che la politica ha avuto in questo andamento di poteri forti ed ambigui, favorendoli con un coacervo normativo, che dà l’ impressione di essersi mutato in una pianta carnivora, con foglie sempre modificate e pronte a nutrirsi di quanto proveniente dai poveri malcapitati, snervati dalla proliferazione di formalità burocratiche.
Oggi nessuno si meraviglia più della corruzione.
Sembra quasi un comportamento lecito, tanta è pregnante l’ assuefazione alla richiesta di tangenti.
E finchè l’ albero della burocrazia non viene sfoltito di tutti gli intralci giuridici inutili, che rendono pesante ogni legittima richiesta, non mancheranno mai sorrisi di intrallazzi, che, una volta saldati, danno alla luce i corrotti e i corruttori.
Pertanto, solo una presenza equilibrata di norme indicanti tempi brevi e certi, sempre nel rispetto della giustizia e della legalità, può sconfiggere la corruzione, che alligna facilmente nelle pieghe oscure e velenose della burocrazia.
Giano bifronte
Le parole che si spendono ogni giorno per rinnovare il tessuto sociale sono tantissime, ma le testimonianze sono poche. Infatti, è più facile ascoltare discorsi innovativi, che osservare vite esemplari, che imprimono orme di sequela. A molti, del resto, non costa niente o poco gridare il rinnovamento, soprattutto quando riguarda gli altri e non se stessi. Come per tanti, predicare la trasparenza è il colore preferito in pubblico, mentre in privato e nell’esercizio delle proprie mansioni , il compromesso è la linfa vitale di ogni rapporto. Oggi, sul palcoscenico politico si notano solo maschere parlanti, che ondeggiano e si piegano facilmente al cospetto di chi favorisce vie di facile guadagno. E sono proprio questi soggetti, che, come Giano bifronte, ostentano un volto di trasparenza, che cercano di attribuirsi, spesso infangando gli altri con lo squallido pennello della cattiveria gratuita, ed una mente di intrallazzi , che perseguono senza alcuna dignità.