Categoria: Pensiero del giorno

La forza della concordia

” Con la concordia – diceva Sallustio –  le piccole cose crescono, con la discordia le più grandi si dissolvono”.

Infatti, finchè il nostro pensare ed agire si lascia plasmare dallo spirito del dialogo, del confronto e  dell’ incontro, ogni rapporto si inserisce sempre in un contesto  di crescita personale, morale e sociale.

Non solo navighiamo verso un  porto di tranquillità interiore, ma  creiamo anche i presupposti per raggiungere obbiettivi più grandi, per i quali ognuno offre il suo contributo.

Sì, perché  là dove esiste  la concordia, c’è  la serenità, la reciprocità di intenti, che schiudono  desideri di feconde conquiste.

Viceversa, quando c’è la discordia, sentiamo  il respiro pesante dell’odio, della divisione che disgrega ogni relazione e sfalda ogni struttura anche la più compatta.

Si, non  solo uccidiamo il nostro cuore, impregnandolo di tenebre, ma poniamo anche le basi,  per dissolvere tutto ciò che di bello, di valido e di umano  esiste in noi e nel mondo.

La concordia vince ogni resistenza e barriera;  la discordia rompe ogni equilibrio e, se non controllata, diventa fonte di paurosa rovina.

L’innocenza dei bambini

Quando vuoi gustare la bellezza della vita, non guardare al mondo agitato che vive in te.
Osserva la serenità e la semplicità che brillano negli occhi dei bambini, il cui sorriso,
se tu lo potessi acquistare ed imprimerlo sulle labbra, certamente ti farebbe un uomo nuovo.
Solo nella contemplazione di questo mondo, intarsio celestiale di tutto ció che fa felice,
ti puoi riconquistare e sentire quei profumi di novità morale, che l’innocenza non smette mai
di regalare : e stasera questi piccoli ti  accarezzano proprio con la loro innocenza.

Coraggio…Non abbiate paura

coraggio                                       Non abbiate paura…Coraggio .

Non sono forse inviti a varcare la soglia del limite , che ci imprigiona in quello che possediamo, la  cui visione determina una netta separazione fra ciò che è tuo e ciò che è mio? Ad andare oltre quegli isolamenti culturali, morali, sociali che schiudono steccati , al di qua o al di là , ognuno crede di essere il migliore? Non sono forse esortazioni  ad essere avvento di   amore e di solidarietà per l’altro? A rompere, quindi, quel confine sottile che, a parole si condanna , ma nella realtà si mantiene tra la condivisione e il vivere egoistico?Stare nei confini del proprio mondo, attento a tutelare l’arcobaleno di se stesso , aperto soltanto agli interessi particolari con l’esclusione di quanto è motivo di disturbo o di potenziali richieste di aiuto, è espressione di  un profondo svilimento  dell’umanità, creata per essere dono  e non barriera di chiusura  all’altro. Tuttavia, è sempre valido il quid nimis, cioè, stare nei limiti, il cui oltre, perseguito in maniera irrazionale, potrebbe essere fonte di incertezza e di disagio. E la storia insegna che ogni volta che l’uomo ha voluto superare il confine, senza rispetto alcuno verso la sua e la dignità altrui,  ha generato solo un andirivieni di guai. Pertanto, è da uomo vero  varcare la barriera del sé, per porsi a servizio della giustizia, della verità, della gratuità, dell’uguaglianza , della fraternità. Invece, è da folle trasbordare dai limiti, allo scopo di depredare, calpestare, violentare, uccidere.

 

La Chiesa finirà?

flebile La Chiesa ha poco da dire agli uomini del presente e del futuro, se non ribadisce antiche logiche di potere. Esaurite le idee, quello che si ascolta è un salmo di fine secolo, un flebile canto destinato a spegnersi” (Curzio Maltese).

Sono gli artigli del giornalista di turno che, pur destinati a spuntarsi e lentamente a spezzarsi nel tempo, non possono non inquietare la coscienza cristiana, che spesso si trova avvolta da una coltre di incoerenza, impregnata di apparenza e di un coacervo di parole fredde e senza cuore.Certo, non si può sottacere che, oggi più di ieri, si riscontra una forte disaffezione dalla Chiesa sia  per alcuni  comportamenti indegni, spesso con molta leggerezza tollerati, sia per la poca credibilità degli stessi  cristiani , che “dicono e non fanno”, riducendo la fede a semplice ed esteriore etichetta di appartenenza sociale. Però,  neppure si può negare quella vivacità e freschezza che  Essa  sempre rivela in ogni momento e circostanza, dove chiunque, anche il non credente, vede il respiro del Mistero. Pertanto, anche se molti  cristiani ancora non hanno incominciato seriamente ad essere tali, cioè ad essere credibili; anche se all’interno della Chiesa tanti apparati hanno più il sapore della burocrazia che della Verità da vivere e donare, sulla Chiesa  brilla sempre la  luce dello Spirito Santo, per cui ogni auspicio invocato di requiem è  solo il ” flebile canto”  di chi non ha mai gustato il senso vero  di Dio.

Visione anemica della fede

senza fedeLa visione anemica della fede di tanti cristiani nasce dall’ assenza del desiderio di cercare Dio per trovarlo; e di trovarlo, per cercarlo ancora e sempre.

Purtroppo, il loro cuore non è più in tensione, alla ricerca inquieta di Dio, ma preferisce adagiarsi, chiudersi in se stesso, scivolando nel guscio della sterilità.

Un cristiano che non ha il desiderio di Dio, è solo ” un numero “, che si fa coinvolgere  dalle apparenze o dalla capacità organizzativa dei capi, ma non dalla forza misteriosa della Chiesa, che ” si nasconde nelle acque profonde di Dio… acque che agitano il desiderio ed allargano il cuore”.

Un cristiano senza il desiderio di Dio non sa pregare, anzi se prega, intreccia solo parole senza cuore e senza ascolto.

Dice Sant’Agostino:” pregare per desiderare e desiderare per allargare il cuore”.

Il che significa che un  cuore incentrato dal desiderio di dilatarsi in Dio, diventa veramente inquieto, finchè non si svuota per riempirsi di Lui.

Del resto, non bisogna  dimenticare che il cuore di Cristo è il cuore di un Dio che, per amore,  si è svuotato, segnando orme di sequela, sulla cui lunghezza  ogni cristiano potesse  completamente centrarsi in Lui.

La Messa: moda o scelta di vita?

assemblea eucaristicaL’ ascolto della  Messa non è una moda, ma è la conseguenza di una scelta di vita.

Un vero cristiano non può non sapere che la Messa è il momento centrale della vita cristiana; è la memoria dell’istituzione dell’Eucaristia; è  la partecipazione alla Cena del Signore; è la risposta a quanto comandato da Gesù :” Fate questo in memoria di me”.

E se essere cristiano significa diventare  seguace di Cristo, può una persona mettersi alla sequela di Cristo, se non ascolta e vive ciò che Lui vuole?  Non è forse vero che per molti cristiani la Messa si è ridotta ad un optional,  preferendo spesso più  una  preghiera personale da fare a Dio, ritenuta più libera e sincera, che un ascolto  noioso e stereotipato, non sempre di facile comprensione, anche per l’incapacità di  chi celebra il Mistero?

A tale proposito, non si può negare che spesso l’indisponibilità all’ ascolto della Messa domenicale presenta  delle motivazioni, che affondano le radici proprio  nella leggerezza degli stessi preti,  poco rispettosi dell’intelligenza dell’assemblea, alla quale offrono una fiera di parole non sempre utili e non sempre idonee a rendere viva e penetrante la parola di Dio.

Neppure però  è  possibile  accettare l’atteggiamento di chi si astiene dall’ascolto, ritenendo che la Messa è sempre uguale. Cosa sbagliata, se si consideri che ogni domenica non  è mai  uguale all’altra sia per le letture bibliche, sia per la varietà e il numero dei  fedeli, sia per il cuore di ognuno, a cui basta una parola, un sorriso o un gesto di accoglienza, per rivedersi  una creatura nuova, più aperta alle sorprese di Cristo, che ha voluto perpetuare  la Sua presenza  vera, reale e sostanziale  nell’ Eucaristia, in mezzo a noi.

Ebbene, al di là dell’aspetto obbligatorio di ogni  cristiano di andare alla messa, non si può sottacere che essa  è l’unica occasione per partecipare alla cena di Dio stesso, morto e risorto  per la  nostra salvezza

Quella del Monsignore gay Krzysztof fu vera vocazione?

“La Chiesa – diceva don Alberione – non ha bisogno di molte vocazioni, ma di vocazioni autentiche”.
Non è il ” numero” che qualifica la vitalità della Chiesa, ma la bellezza della vera chiamata e della risposta sincera in un dialogo tra un ” Io ” che chiede e un tu che grida ” eccomi “.
La necessita del” numero ” banalizza a volte la verifica dell’ autenticità vocazionale e fa guardare non più a Colui che chiama, ma solo a chi si presenta quale ipotetico chiamato.
Ed è un grave errore che facilita accoglienze in chiaroscuro, certamente di sola iniziativa umana e senza quella Voce dall’ alto che la preghiera muove e piega a chiamare.
Oggi, più che mai, è necessario da parte della Chiesa un serio ed adeguato discernimento nella scelta sacerdotale, onde evitare che soggetti psico-affettivamente immaturi cerchino riparo in Essa, per appropriarsi di un ruolo, che l’impatto con la realtà potrebbe farlo esplodere in comportamenti rovinosi per la Sua stessa immagine.
Cosa che purtroppo si sta verificando in questi ultimi tempi, dove alcuni accadimenti, come quello di Mons. Krzysztof, che grida il suo amore omosessuale, infastidiscono la mente e il cuore di molti cristiani, i quali, al di là del perdono da non negare mai a nessuno e senza mai  perdere la fiducia nei veri sacerdoti, auspicano dalla Chiesa decisioni in materia più severe.

Le parole che creano ascolto

Ho l’impressione che chi non sa ascoltare, non ha imparato ancora a parlare.
Anzi, può anche parlare, ma spreca solo le sue parole.
Non conoscendo la bellezza del silenzio, non sa neppure misurare  quando basta un gesto o uno sguardo, piuttosto che una parola .
Se oggi molti si perdono in girotondi verbali, é perchè non hanno mai attinto alle  fonti dell’ascolto, dove il silenzio parla e  veste la vita di verità  e sincerità.
E queste sono le uniche parole che creano l’ ascolto e plasmano chiunque le fa sue.

 

Pensieri segregati

Per dare sfogo ai tanti pensieri segregati, scrivo su pagine bianche linee e cerchi concentrici,

arcobaleni strani quasi incolori, che si coinvolgono e si intersecano con  intarsi sconnessi.

A primo impatto, non mi  dicono nulla.

Poi, fissandoli, impregnano gli occhi di immagini, che sembrano dare un volto a quel mondo

che insorge e mi regala  fragili fantasie.

Sono istanti liberi, che mi donano visione di sguardi e sorrisi, ricordi di dolcezza ed amarezza,

pensati e mai espressi, perché chiusi in un castello di pietra, dove il cuore aveva paura di rivelarsi.

Innamorarsi dell’amore

Tu non sarai mai innamorato dell’amore, se continui a sciupare gli istanti della vita solo per le cose che hai o vuoi,  e non per la bellezza del cuore.

Forse parleresti meno e non spenderesti troppo tempo, se avessi contezza che ti resta solo qualche pezzo di vita,  e nessuna tra le cose che ti guardano, può regalarti un respiro.

Ti ameresti certamente molto di più e daresti valore alle cose non per quello che valgono, ma essenzialmente per quello che significano.

Scioglieresti i tanti legami sbagliati che intenebrano il cuore, soffocandolo nella morsa del fittizio, e ti sveglieresti felice al canto dell’amore, che fa dire a chiunque incontri:” io ti amo”.