La bellezza del tempo o delle ore, che segnano lo scorrere della vita, non sta nella semplice ebbrezza di quanto uno riesce a fare, ma essenzialmente nella serenità, che sa trarre da ciò che fa.
Esasperare le proprie capacità esclusivamente per riempirsi di cose, senza mai toccare le corde dell’anima, è uno sbaglio enorme.
È come un porre le basi per un castello di sabbia, che cede alla prima scossa: se leggera, lo indebolisce; viceversa, lo abbatte.
Del resto, nessuno é felice nella gabbia di ciò che possiede: mai esce dalla sua ragnatela.
La paura di perdere o di impoverire ciò che ha, gli impedisce ogni volo e facilmente finisce per abbrutirsi tra e nelle stesse cose.
Quasi sempre la serenità si legge più sul volto di chi ha poco che di chi ha molto.
Chi ha molto, vive nell’ ansia di perderlo. Chi ha poco, si lascia più facilmente abbracciare dal Cielo.
Categoria: Pensiero del giorno
Chi ha molto … Chi ha poco
Aguzzino di me stesso
Quando imparerò a dire no alle sciocche lusinghe e correrò lontano,
soprattutto da ciò che mi piace, io sarò certamente più uomo.
Getterò alle ortiche la veste del pagliaccio sempre ondeggiante di diversi umori
e senza più regalare artefatte moine, mi darò un volto nuovo, dove chiunque mi vedrà nella verità.
Attento aguzzino di me stesso, respingerò le voci di sirene inutili e curvo sotto il peso dei pensieri,
mi aprirò, come una crisalide, al calore di un’ altra vita.
Cercherò e volerò in orizzonti di bellezza più alta, dove respiri e profumi di ogni genere
mi avvolgeranno e mi faranno scrivere la mia vera storia.
Al giovane politico ( Poesie ancora inedite)
E sarai una delusione se continui a vedere nella politica
intrecci di affari arcobaleni di promesse mercati verbali,
puoi giocare con il ritornello di essere una faccia nuova
gridare idee di moralità indossare il saio della riscossa,
un coacervo di finzioni che attraggono amanti di speranze,
ma la maschera che nasconde il vecchio peggiore un giorno
cederá e ti rivelerà per ciò che veramente sei: un illuso,
mestierante da strapazzo che recita su canovacci ipocriti
la commedia del politico i cui occhi vedono solo eldoradi,
e non lamentarti se la coltre della giustizia ti arrotola.
E mi alleno
E mi alleno non per sembrare ciò che più non sono,
ma solo per svegliare quei punti di articolazione,
che, incollati alla base mi trafiggono mi fermano
non senza dolore e mi fanno sentire un acciaccato.
Mettendomi in esercizio, sembra di essere diverso,
cammino rallento mi giro accelero e più non provo
il duro scricchiolio delle ossa quasi arrugginite,
anzi vado avanti come se fossi per niente vecchio.
La vanità nella Chiesa
Non si può sottacere che non sempre chi si pone alla sequela di Gesù, si lascia guidare dalla rettitudine delle intenzioni. Spesso, l’amore che, egli pur nutre verso di Lui, viene accarezzato da una certa fuliggine di vanità, che lo svilisce in briciole di apparenza.
Per cui, facilmente corre il rischio di cercare più qualcosa per sé , che testimoniare il suo andare dietro Gesù, il Quale già al tempo suo avvertiva tali atteggiamenti e li condannava senza mezzi termini.
Chi non ricorda i moniti contenuti nel Vangelo di Matteo, riguardanti chi fa l’ elemosina, chi prega o digiuna? Non dice forse al primo:” Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra?”. O al secondo:” Quando preghi, entri nella tua camera e, chiusa la porta, preghi il Padre tuo nel segreto?”. Oppure al terzo:” Quando digiuni, non assumere aria malinconica come gli ipocriti…. ma profumati la testa e lavati il volto, perché nessuno veda che stai digiunando?”.
Non lancia forse questi avvertimenti a coloro che volevano pavoneggiarsi per quello che facevano in nome di Dio?
E quanti anche oggi, laici, sacerdoti e vescovi cercano Cristo e la Chiesa soltanto per farsi vedere e, quindi, per semplice vanità, che apre la strada all’orgoglio e alla superbia?
Dice il Papa:” La vanità non fa bene”. Perciò è sempre opportuno che ognuno trovi qualche attimo per chiedersi:” io ostento ciò che faccio o compio tutto in segreto, sicuro di piacere solo a Dio?”.
” Tagli e cuci “
Il ” tagli e cuci ” non è forse il piacere di tanti, che si trastullano con la perfida arte del pettegolezzo, sempre attenta a dipingere ricami sottili sulla pelle degli altri ?
Non é forse diventato un gioco quasi normale all’ interno di molti ambienti, dove nessuno passa inosservato ed ognuno diventa fonte di fantasie denigratorie ?
Purtroppo, non di rado é facile avvertire il respiro pesante di chi, dopo aver ruminato il fieno della sporcizia, cerca di liberarsene, gettandolo sugli altri.
Ed è veramente triste vedersi e sentirsi in una ragnatela di insinuazioni fittizie, create solo per invidia o per il gusto di una gratuita cattiveria.
L’avaro è un sempre bisognoso
L’avarizia non paga. Anzi, svuota il cuore e la mente, centrando ogni sentimento ed interesse sulla roba. Niente e nessuno ha valore, ma tutto ha senso solo se produce ricchezza. Nel cuore dell’avaro non sgorgano lacrime di umanità, ma singhiozzi per le cose perdute. Nella sua mente non volano pensieri di cielo, ma di terra, dove ogni ebbrezza ha un nome: il denaro. Per lui la felicitá non sta nel sorriso da donare o da ricevere, non nella visione della semplicità di un bambino nè nella bellezza dell’anima, ma nell’accrescere ed allargare i recipienti di ciò che possiede, aldilá dei quali nulla sa vedere e toccare. Così, pur avendo molto, si sente povero, un sempre bisognoso, che non disdegna di prendere persino le briciole che altri gli offrono. Senza amici, sembra un cane bastonato, che preferisce ritornare nella sua gabbia, dove si sdraia, sicuro che nessuno gli tocchi, benché nella cacca, l’abbondanza del suo cibo. È veramente desolante spendere se stesso per la ricchezza, il cui destino molto spesso è addirittura senza un nome!
Io sono il tuo Dio
Dio non vuole entrare nelle nostre teste, ma nei nostri cuori.
Perché é qui, che nasce l’ amore ed inizia a cambiare la vita.
Si gusta il profumo di Dio e si prova il senso profondo della sua gelosia.
Qui tutti sperimentiamo che non siamo numeri creati alla rinfusa, ma persone,
coperte da un amore esclusivo, non condivisibile con nessuno.
Sì, perchè Lui é veramente un Dio geloso, che non smette mai di cercarci.
E ci trova sempre ed ovunque. Ad ognuno dice:” Io sono il tuo Dio”.
Il tormento dell’ amore
A volte mi ritiro in silenzio, mi guardo nello specchio e mi domando se vale la pena dare, dare sempre, e dare senza se e senza ma, ad un prossimo spesso bugiardo.
Rinuncio a ciò che voglio, persino al necessario e al superfluo, per tendere la mano ad ogni richiesta e poi scopro che chi ha ricevuto, se ne va soddisfatto per la commedia recitata.
Vorrei cambiare atteggiamento, gettare alle spalle il cuore e lasciarmi guidare solo dagli occhi della ragione, ma non ci riesco.
La visione di un volto senza identitá, di indumenti trascurati, di occhi incerti e di mani invocanti, mi tormentano e mi schiudono domande che la freddezza della ragione respinge e il cuore raccoglie.
Qualcuno o qualcosa?
Penso troppo a ciò che devo fare e pochissimo a ciò che devo essere.
A volte sembra che sono uscito da me stesso, spinto solo dalle cose.
Mi perdo nel solito qualcosa, quando potrei essere un vero qualcuno.
E cosí scivolo in continui desideri, che mi tarpano e mi sviliscono.
Forse mi rendono protagonista del fare, ma in realtá mi sento vuoto.
Nè mi gratificano i sorrisi di assenso, povero specchio di finzione.
Anche se nulla mi manca, grande è la pena per ciò che dovrei essere.