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La fede non è un optional

torta ILa fede è necessaria per vivere. La fede non è un optional. L’uomo ha bisogno di Dio o le cose vanno ugualmente bene anche senza Dio? Se l’uomo dimentica Dio – amava ripetere Benedetto XVI – perde sempre più la vita, perché la sete di infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio; l’uomo è essere relazionale, è stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Dio. Per cui la fede non è un elemento accessorio, ma è necessaria all’uomo per vivere. L’uomo è capace di Dio (capax Dei); nel suo cuore è inscritto il desiderio profondo di Dio, che è desiderio di gioia, di pienezza, desiderio di Cielo. L’uomo è fatto per andare oltre l’umano, per trovare in Dio il significato del suo essere pienamente uomo. Ecco allora la necessità della fede per l’uomo. Papa Francesco, con una immagine ad effetto immediato, semplice, ma diretta e toccante, così ha espresso la necessità della fede per la vita dell’uomo: “La fede non è una cosa decorativa, ornamentale, non è decorare la vita con un po’ di religione … come si fa con la panna che decora la torta” (Angelus 18 agosto 2013). Pur essendo l’uomo aperto al Trascendente, pur essendo l’uomo capace di Dio e della relazione con Lui, non può conoscere Dio unicamente confidando nelle proprie forze o capacità. La fede nasce dal dono della Rivelazione e dalla grazia di aderivi. Per quanto l’uomo cerchi Dio, per quanto tenti di vedere il suo volto, per quanto si sforzi di conoscere il suo mistero, non può farlo con le sole proprie forze. L’uomo cerca Dio con tutte le sue capacità. Questa ricerca è santa, è bella, ma da sola non può raggiungere Dio; è necessaria la Rivelazione, l’autocomunicazione di Dio; e ancora di più è necessaria la grazia che permette all’uomo di aderire con gioia e libertà alla Rivelazione di Dio e al suo disegno provvidenziale sulla storia. La fede è risposta; la fede è dono; la fede nasce dallo stupore dinanzi a Dio che gratuitamente si rivela e si dona. È consegna di sé al Dio Amore che per primo si è consegnato all’uomo nel suo Figlio Gesù. Questa misteriosa e reciproca “consegna” dà all’umano esistere pienezza di senso.

 A cura di don Agostino Porreca

La suora, madre di Francesco

 

suoraLa maternità  è  sempre un dono di Dio non solo per se’, ma anche per gli altri.

Non importa se ad essere madre sia una suora: un evento altrettanto bello che non può però essere banalizzato da dichiarazioni da crocicchio, che rivelano la solita povertà di spirito da parte di chi si ferma alla semplice cronaca e non scende nella problematica esistenziale della donna- madre al di la della suora.

Certo è una notizia ricca di curiosità, che acuisce gli artigli della fantasia, ma non può perdersi solo nella ragnatela di tali pensieri.

Tale evento dovrebbe aprire,invece, una riflessione attenta sulla vocazione in genere, e su quella, in particolare delle suore straniere, le quali affollano un po’ tutte le congregazioni italiane, come se la chiamata del Signore fosse diventata  loro esclusivo privilegio.

 

 

 

Ecco l’ Agnello di Dio: Domenica II Tempo Ordinario

 

agnelloCon le feste dell’Epifania e del Battesimo di Gesù sono finite le celebrazioni del tempo liturgico del Natale. Co questa domenica inizia il tempo ordinario, detto così, perché con esso non celebriamo i momenti forti della storia della salvezza, quali l’’Avvento, il Natale, la Quaresima, la Pasqua, ma soltanto il mistero di Cristo nella sua vita pubblica. Un tempo che ci permette di conoscere e di vivere quanto Gesù ha compiuto in opere e parole qui, in mezzo a noi.

Il Vangelo di Giovanni ci offre una preziosa testimonianza del Battista, il quale, per primo, manifesta al popolo presente sia la figura che la missione di Cristo, indicato come “Agnello di Dio”, “Colui che toglie il peccato del mondo”.

Affermazioni ricche di significato, che certamente meritano attenta riflessione.

Relativamente all’indicazione di Gesù, quale “Agnello di Dio”, non è del tutto chiaro che cosa intendesse dire il Battista con questa immagine. Secondo alcuni, con tale designazione ha voluto riferirsi all’”Agnello pasquale”: un’immagine molto cara e familiare agli Ebrei, i quali ogni anno celebravano la Pasqua con il rito dell’agnello, che i loro antenati avevano consumato prima di partire dall’Egitto. Con tale rito non solo rievocavano fatti storici: la loro liberazione, il passaggio attraverso il mar Rosso, l’Alleanza stipulata sul Sinai; ma tramite tale rievocazione essi davano a questi avvenimenti efficacia anche nel presente. Secondo altri, con tale indicazione il Battista ha voluto riferirsi al servo sofferente di Iahvè. Una figura questa che domina il Vecchio Testamento e che nel profeta Isaia acquista connotazioni fortemente messianiche, tanto è vero che Gesù applica a Sé questi carmi, soprattutto là dove il profeta dice “maltrattato si lasciò umiliare……era come agnello condotto al macello”.

Pertanto, senza esclusivizzare l’immagine dell’agnello a questo oppure a quel riferimento biblico, possiamo senz’altro affermare che entrambe le figure “servo di Jahvè” e “Agnello di Dio” sono legate alla sofferenza, al sacrificio; e stanno ad indicare che Cristo è nello stesso tempo servo sofferente che, con la sua immolazione “fatta una volta per sempre”, realizza la Pasqua definitiva.

Oltre all’immagine dell’agnello è necessario anche sottolineare la missione che il Battista attribuisce a Gesù, quando lo indica come “Colui che toglie il peccato del mondo”. Prendendo su di sé i nostri peccati, Egli, oltre a cancellarli, inaugura il tempo della santità, indicandoci lo stile di vita che dobbiamo avere. Purtroppo, non possiamo negare che il peccato è una triste realtà, presente tra di noi ed in ognuno di noi. Anche se siamo stati redenti, non siamo stati resi perfetti, per cui facilmente ci lasciamo sedurre dalle tentazioni della superbia, dell’odio, della vendetta; facilmente scivoliamo nelle situazioni di peccato che offuscano la nostra dignità umana e cristiana. Però non dobbiamo scoraggiarci, perché abbiamo questa grande speranza: Gesù è l’Agnello che toglie il peccato del mondo. In Lui, per Lui e con Lui, noi possiamo ricevere il male e costruire un mondo più umanizzato, più pacificato, più giusto.

Ma la testimonianza del Battista colpisce anche per la sua dichiarazione che Gesù è il Figlio di Dio. Anzi, nelle sue parole troviamo un crescendo che inizia con il riconoscere che Gesù è “l’Agnello di Dio”, il Messia sofferente; progredisce con la visione dello Spirito Santo che scende su di Lui in forma di colomba; culmina con l’attestazione esplicita della filiazione divina di Gesù: ”E io ho visto e ho reso testimonianza – dice il Battista – che questi è il Figlio di Dio”. Ci troviamo davanti ad un vero e proprio cammino di fede verso la conoscenza del mistero di Dio, attuato in Cristo. Questa testimonianza del Battista diventa esemplare anche per il nostro cammino di fede, spesso segnato da dubbi, perplessità e disorientamenti. Come il Battista, anche noi siamo in cammino, in crescita nella fede, passando progressivamente dalla non conoscenza alla conoscenza del Signore. E conoscere Gesù è un impegno primario per noi cristiani. Non possiamo amare né seguire né tanto meno testimoniare chi non conosciamo. La conoscenza è la condizione essenziale ed indispensabile per accettare una persona e per essere disposta a soffrire per essa. Solo conoscendo l’amore di Cristo, redentore del mondo, penetrato, in modo unico ed irrepetibile, nel mistero dell’uomo e nel suo cuore, noi possiamo percorrere la via dell’amore che si sacrifica per gli altri; e, nello stesso tempo, possiamo adoperarci, con la testimonianza della parola e con l’impegno della vita, a rendere visibile la luce di Cristo, che ci è stata donata, perché diventiamo altrettante luci di carità, di solidarietà e di condivisione, in obbedienza alla volontà del Padre.

Il ritorno alla ” preferenza “

La riforma elettorale è una esigenza indilazionabile.

E’ l’unica strada valida per il ritorno all’amore verso la politica, la quale, al di là del disagio affettivo,  generato da una sequela di comportamenti maldestri e poco dignitosi, resta il vero  mondo, dove ognuno può esprimere se stesso nell’interesse della collettività.

Purtroppo, in quest’ultimo ventennio, la mania partitica  l’ ha svilita, facendola scivolare in un mosaico di tasselli  voluti dai capi e non più dalla volontà popolare, del tutto espropriata dei suoi poteri di scelta.

Il pensiero dominante dei nuovi politici non è stato il rispetto della rappresentatività popolare, che creava interesse per scelte qualificate di persone conosciute e nelle quali ognuno aveva fiducia, ma solo l’intrigo artificioso, per realizzare una corte di incerti personaggi, pronti ai ” sì ” di convenienza e non di intelligenza autonoma, finalizzata al bene della collettività.

Oggi non basta parlare di riforma elettorale, è necessario trovare gli ingrediendi validi per un risveglio d’amore verso la politica sana e vera.

E il ritorno alla ” preferenza ” potrebbe costituire il veicolo per un  approdo fecondo, in cui ognuno rigusterà il sapore di essere protagonista e non semplice comparsa.

Poesie prese da “Parole come chiodi” ed. Città Nuova

Il mistero

Come vorrei comprendere

il   Tuo  e  il   mio   mistero

turbinio   di   idee   che   si

fermano quasi   sempre là

dove  è   la   soglia  Ultima

A  volte   allungo  le  mani

perché  mi  sembri  Vicino

a  volte  ti   vedo  Lontano

come un specchio magico

ove  la  identità  Tua   mia

si   velano  e   si   rivelano

Ma Tu,Lontano Vicino,se

veramente mi ami perché

non  mi   sussurri  chi  sei?

Non  mi  dici  io chi  sono?

Se  Tu, o  Dio, sei  l’unico

sogno  per  il  quale  ogni

attimo io consumo,fammi

incontrare   con  il  Sogno

sì    da   vedere  l’ Infinito

sulla  nebbia   della  fede

e rendermi uomo di luce

 

Definiscimi nella verità

 

Tu mi definisci qualcuno,ma

io non  so  chi  sono e  tu che

mi accompagni per tante vie

non domandarmi più chi sono

Ascolti   leggi  quel  che  noti

puoi dipingermi un marinaio

di Dio nella   tempesta, forse

un angelo di speranza sceso

sulle continue disperazioni

certo definiscimi come vuoi

purchè mi vedi nella verità

 

 

 Il vero cielo

 

 

Io  so  che  esiste  un  cielo

diverso da ciò che ammiro

ove gli uomini non vivono

gli  uccelli  non  si  posano

E’ il  cielo  sognato da  chi

medita di vedersi con Dio

è  il  cielo senza  luna, ove

tu accendi stelle  d’amore

E’ il cielo  vero, ove senza

ascoltare  lamenti di  voci

senza notare notte giorno

ti  senti  nel cuore  di  Dio

 

Mi manca ancora qualcosa

 

Temo di essere un naufrago

anche se  passo ogni  giorno

per un fiume sempre uguale

Navigo tra  sponde  tortuose

senza  porti  ed onde marine

con  la  bussola  poco  chiara

Ad ogni  miraggio  intravedo

l’  attimo   dell’  Infinito   che

subito  fugge  via, facendomi

unico   barcaiolo   della   vita

So  di  essere  alla  porta  ma

nulla   mi   indica  l’ ingresso

la barca  è  ancora  non nuda

per   entrare  cheta  in  porto

 

II Domenica dopo Natale

La liturgia di questa II^ domenica dopo Natale è ancora pervasa dallo spirito natalizio; gustiamo ancora lo stupore del mistero della nascita di Gesù Cristo, il quale fissa la Sua tenda in mezzo a noi, per introdurci nello splendore della conoscenza e della intimità di Dio.

Le tre letture bibliche, attraverso un intreccio di tematiche, che evidenziano l’armonia fra Antico e Nuovo Testamento, offrono alla nostra considerazione l’amore silenzioso e manifesto di Dio verso la creatura, dalla quale aspetta il suo esodo, cioè la sua uscita da sé per incontrarLo.

Nella prima lettura, ripresa dal libro del Siracide, contempliamo la Sapienza, la quale esce dalla stessa bocca di Dio per approdare sulla terra. Qui, fissa la sua tenda a Gerusalemme; prende in eredità il popolo di Israele, e con esso si incammina verso il tempio, per celebrare il culto.

Pertanto, all’origine del mondo creato, della predilezione che Dio nutre verso Israele e dello stesso culto, c’è la sapienza di Dio, che, uscendo da sé, rompe il silenzio ed entra in contatto con le sue creature.

Siamo davanti ad una solenne  personificazione della Sapienza, che per la interpretazione cristiana non solo è un’immagine letteraria,ma è anche realizzazione concreta in una persona concreta, che è Gesù Cristo. Il quale, dalla luce divina, entra nella storia degli uomini, nascondendosi in mezzo a loro e divenendo uno di loro.

E’ quanto ci dice il prologo del Vangelo di Giovanni, attraverso il quale sappiamo che il Verbo, la Parola, per mezzo della quale Dio realizza la creazione, venne nel mondo e stava nel mondo.

Meravigliosi sono i primi versetti del Prologo, che ci permettono di contemplare l’eternità dell’esistenza di Cristo, che si perde nell’eternità di Dio:”In principio era il Verbo/ e il Verbo era presso Dio/ e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.

Nello stesso tempo, tali versetti ci dicono quanto noi siamo pensati ed amati da Dio, il quale non ci considera alla rinfusa, ma ci tiene scritti, individualmente,come figli sul palmo della Sua mano.

Un’intensità di amore infinito che lo conduce ad annientarsi nell’uomo:”E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Venne come Vita per renderci partecipi della vita stessa di Dio; ma noi continuiamo a preferire la morte, attaccandoci al guinzaglio di padroni inesistenti.

Venne come Luce, ma noi increduli, continuiamo a naufragare nelle tenebre, lasciandoci sedurre dai falsi miraggi della verità.

Venne in mezzo a noi, nel mondo, identificandosi con gli ultimi, ma noi continuiamo a cercarlo fuori dal mondo e dall’uomo, ritirandoci nelle nostre stanze bloccate dall’egoismo e dall’orgoglio.

Ma Egli continua a venire; continua a passare per le nostre strade,  dicendo ad ognuno:”Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. (Ap. 3,20).

Se lo accogliamo e lo facciamo entrare nella nostra vita, aprendoci alle esigenze del Vangelo, Egli ci trasformerà dal di dentro, ci farà diventare suoi amici ; ed in Lui, Figlio, saremo figli di Dio.

E’ proprio quanto ci dice il prologo di Giovanni, in contrapposizione a coloro che hanno respinto Gesù:”A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”.

E San Paolo, nella lettera agli Efesini, afferma che Dio ci ama tanto che già “prima della creazione  del mondo ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”.

Il che significa che Dio ci ama come siamo; ci pensa e ci vede in Cristo da sempre; ma noi non dobbiamo chiudere gli occhi, fermandoci alla soglia del mistero; dobbiamo entrare, come pellegrini del cielo, nel mondo delle meraviglie di Dio, consapevoli della speranza alla quale siamo stati chiamati:”il tesoro di gloria” che Egli dà in eredità a chi ama.

 

Buon Natale

Buon Natale e felice Anno Nuovo a tutti voi.