Categoria: Generale

Il coraggio di passare all’altra riva.

C’ è una parte della gerarchia ecclesiastica che non ha il coraggio di passare all’altra riva.

Preferisce farsi lambire dalle acque, osservando solo da lontano le novità, che pur si intravedono e che avanzano, con il rischio di non rendersi conto che un nuovo mondo sta nascendo.

Chiudersi al nuovo significa negare quella riserva di futuro, che lo spirito della Chiesa ha in sé e che le permette di cogliere i segni dei tempi.

Oggi più che mai, é urgente entrare e toccare le periferie dell’umanità, donando a tutti la possibilità di fare l’esperienza di un Dio gioioso.

Non si può guardare e passare oltre, come se i tanti bisognosi fossero fagotti inutili.

Al di là delle fragilità, anch’essi desiderano condividersi con un Dio che, nella buona o cattiva sorte della vita, possa rallegrarsi con il loro cuore, affamato di misericordia.

Non tutto corre verso la fine

Non tutto corre verso la fine: in ognuno c’ é qualcosa che va sempre oltre.

Per alcuni é il sogno  diversamente sognato, che continua a dare un fascino alla vita.

Un sogno che segna il cammino, ma non genera la speranza di un altro mondo.

Il fascino, infatti, certamente abbaglia, ma non offre un vero senso al vivere.

Per altri, invece, solo  la speranza di  guardarsi in Cristo fonda la bellezza di ciò che corre.

Ed apre la voglia di plasmare il presente come un vaso pregiato , dove  tutti possono deporre se stessi e  farsi modellare dal silenzio di Chi, senza parlare, traccia il futuro del nostro aldilà.

 

E sono veramente un altro!

Quando sto solo, mi guardo intorno e fisso tutto ciò che mi attrae.
Poi, mi arresto, soggiogato dall’ ascolto del silenzio, che mi parla
e mi trascina lontano, dove é più facile cogliere tracce di verità.
Non importa se é giorno o notte, se sono in casa o fuori, o altrove.
Mi ritiro sempre nella camera del mio cuore e qui dopo aver tolto
dalle pareti pensieri e sentimenti rumorosi, esco fasciato di luce
E sono veramente un altro!

È più bello tacere che parlare

È più bello tacere che parlare. Non c’ è una parola più profonda del silenzio.

Eppure parliamo troppo. Forse per non ascoltare o per irretire la sua Parola.

Scivoliamo in tante chiacchiere per allontanarci dall’ ascolto, come se avessimo quasi paura di sentire ciò che il Signore vuole dirci.

Imbavagliamo cosi la Parola vera per gridare le nostre parole, che nulla creano e servono solo a dipingere illusioni.

Anzi, a differenza del silenzio, dove l’ ascolto si impregna di gioia accogliente la Parola ed apre all’ anima orizzonti di bellezza, le parole affogano in un intreccio di suoni inutili, che infastidiscono il silenzio e l’ ascolto.

Solo il silenzio che ascolta e parla ci fa bussare alla porta di Dio e ci fa entrare nelle sue dimore, dove impariamo a vivere Cristo e a nutrirci del Vangelo prima di poterli annunciare.

La forza della parola di cuore

L’ abuso della parola genera parole inutili,  che si rincorrono facilmente

e,  quasi sempre,  affogano lá dove tutto è gridato a buon mercato.

Quante parole, ogni giorno, sfiorano i nostri orecchi e nessuna è capace

di imporre una sosta di attenzione?  Nessuna cattura la mente e il cuore?

Non è forse vero che il loro pullulare si traduce in una corolla di petali secchi,

che si sbriciolano appena toccati dal vento?

Ogni parola,  che perde l’ involucro del cuore, abortisce in freddo portato di cultura

oppure  si libera in sprazzi di bollicine,  che subito si perdono.

È  il cuore che  crea il fascino della parola.

E quando è presente il cuore,  quale alito di vita,  la mente si scioglie in sinfonia della parola,

che supera ogni resistenza e penetra nella profondità  di chi ascolta.

La caduta del desiderio di Dio

 

Non é forse vero che oggi  c’ è una caduta del desiderio di Dio,

generata dal naufragio dei valori e una grande voglia di avere e bruciare tutto in fretta ?

Certamente abbiamo smarrito il vero orientamento della vita,

per cui non sappiamo più volare in alto, anzi ci siamo assuefatti al piccolo particolare da gestire,

che consumiamo purtroppo senza alcuna prospettiva.

Siamo fermi a ciò che vediamo,  con l’ unico tarlo nella mente di affogare ogni desiderio e voglia nel piccolo mondo,

che non ci turba, dove perfino la coscienza si fa un optional per tutte le occasioni.

Quanto sarebbe diverso, invece, se imparassimo ad aprire la vita ad altri orizzonti, al fascino di realtà superiori,

al cospetto delle quali, ogni istante sarebbe carico di stupore e ci guiderebbe  al desiderio più profondo della vita: Dio.

Non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo!

serNon è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo!
«Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà» (Evangelium gaudium). La preghiera imbastita non solo delle nostre richieste di grazie, ma soprattutto di gratitudine verso il Signore fa posare automaticamente il Suo sguardo amorevole su di noi. E noi come reagiamo alla provocazione di chi ci domanda:-Che amore è il tuo se non sente la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla conoscere? La Sua vita, i Suoi modi di trattare i poveri, i Suoi gesti, la Sua coerenza, la Sua generosità quotidiana e semplice, ed infine la Sua dedizione totale verso gli altri si rivelano preziosi, perché sono capaci di fornire risposte a tutti i nostri interrogativi esistenziali e/o personali. «La Verità è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare. La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore». Solo in questo modo, coloro che soffrono, coloro che domandano il nostro aiuto, coloro che attendono da noi una parola di conforto riconosceranno nel nostro cuore la Sua presenza, e non sapranno più fare a meno della Sua infinita tenerezza. «Non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera» (E.G.)

A cura di Teresa Perillo

 

Orizzonti di vera vita

Non puoi mai credere quanto sono fecondi certi momenti lontano dal chiasso e, persino dagli amici.

Ciò che altri vedono come solitudine, abbandono, io li vivo come una semplice pausa,

nella quale mi fermo, mi osservo e mi numero nella fragilità e nella bellezza.

Gustare la profondita del silenzio, che ti avvolge e dal quale ti fai accarezzare come se fosse foriero

di qualcuno che bussa al tuo cuore, per darti qualcosa di nuovo, é una gioia, che conta più del chiasso e degli stessi amici.

Anzi, mi riconquisto ed apro la porta a quelle gallerie interiori, da me mai scoperte, dalle quali stillano occhi di luce, che mi illuminano

e mi fanno sentire veramente diverso: non più prigioniero di cose e persone, ma libero e capace di volare in orizzonti di vera vita.

Nefandezze dell’Isis

Tutto  mi scorre innanzi,  in una visione al cardiopalmo, che mi penetra in profondità,

quasi mi scortica il cuore, attratto da corpi disseminati, decapitati e  schiantati al suolo

come manichini, che la ferocia sanguinaria dell’Isis eleva al cielo come trofei di vittoria.

Ascolto grida di odio come se fossero preghiere, minacce come se fossero devoti  fioretti

vedo  sguardi assassini, conditi da insensate risate, la cui cattiveria anticipa la sofferenza

della morte, che arriva puntuale nell’ illusione di crearsi il salvacondotto per il paradiso.

È  un massacro senza risparmio, che colpisce uomini,  donne, bambini, che,  pur  avendo

la stessa fede, hanno il solo torto di trovarsi al di là della barricata: e qui sono sacrificati

in nome di una religiosità senz’ amore, che fa di Dio una via  per affermare la sete di potere.

 

 

Al cristiano vero non fa paura la morte

Un giorno mi fu chiesto: ” hai mai visto un sorriso sul volto di un cristiano appena morto?”
Sì, risposi.
Un vero cristiano non muore mai senza il sorriso sulle labbra.
È la bellezza della vita vissuta che lo dipinge sul suo volto e rivela la grande gioia di incontrarsi con Dio.
Al cristiano non fa paura la morte.
L’accoglie come un dono, perché lo fa bussare alla porta dell’eternità.
Ciò che gli incute tremore, invece, è l’inutilità della vita, che,divorata dai rivoli del tempo, si è lasciata prosciugare, senza gustare in profonditá il respiro di Dio.