Categoria: Generale

Viviamo con gli occhi chiusi

La  paura di guardare avanti nasce spesso dalla pigrizia, che frena la voglia di uscire dal mondo del passato.

Preferiamo restare fermi, soddisfatti di ciò che siamo ed abbiamo, eludendo così ogni pensiero di andare oltre.

Viviamo con gli occhi chiusi, come se nulla di nuovo è possibile, attorcigliandoci solo nei circuiti dei ricordi.

Eppure, non c’ è una lezione migliore per ravvivare il presente che quella del passato: un vero intarsio di esperienze,
che certamente apre alle emozioni del futuro.

Anzi il presente, irrorato dal passato, diventa più entusiasmante e ci pone valide basi per costruire un serio domani.

 

Dove sono gli occhi di Dio.

Tu mi domandi: dove sono gli occhi di Dio

quando il mare risucchia donne e bambinilampedusa

che, lasciati  come  fagotti  sulle  carrette

galleggianti, diventano preda delle acque

in vortici di follia, che  decretano morti?

Ma io ti chiedo: dov’è l’uomo che baratta

la vita degli innocenti per pochi denari

mercenario che davanti al pericolo fugge

scaricandoli ovunque come futili oggetti

non sempre restituiti dalla pietà marina?

Purtroppo la sorte dell’ uomo non aleggia

più verso il cielo, a cui tendeva  le mani

ma spazia sulla terra,  dove si è esaurita

nella presa della  ricchezza per la quale

sacrifica ogni cosa  anche la  vita altrui

E tu credi che Dio niente sente o chiude

gli occhi per non vedere: invece Lui è là

piange soffre e il suo è pianto di Padre

che scorre ogni volta che Caino massacra

Abele, eludendo nel cuore la Sua immagine

Egli fa sempre suo il dolore dell’ uomo e

lo vive come un altro calvario, attraendo

a Sé ogni cristo in un abbraccio d’amore

che gli dona  nuovi  respiri di  vita quasi

effluvi di cuore che aprono  all’ Eternità

Qui  ritrovi  i  volti  crocifissi dall’ uomo

abbracciati non più nella stiva  del mare

come ultimo grido dell’ umanità sconfitta

ma nel cuore di Dio, raccolti a uno a uno

e asciugati dal sudario pregno di sangue

 

È difficile ritrovare la propria innocenza

Come é difficile ritrovare la propria innocenza in questo mondo, cucito dalla follia delle immagini e delle figure!

Mentre cerchi un pò di luce nel deserto della vita, ti senti all’ improvviso sovrastato da pensieri pesanti,
che la slargano in tante fantasie, foriere di sole delusioni.

Mentre cammini a testa alta, convinto di respirare desideri di verità, ti imbatti in figure ammalianti,
che vibrano sorrisi e sguardi di adesione, prostrando la mente in circuiti di incertezza.

Resta così solo un sogno, appeso al ricordo, l’ innocenza vissuta, che  nessuna visione turbava
ed ogni immagine o figura creava solo una poesia di cuore.

 

 

QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

   4 Le letture bibliche di questa IV^ domenica di avvento hanno lo scopo di guidarci ad un’attenta riflessione sul mistero di Cristo. Un mistero che, progettato da sempre per la nostra salvezza, viene rivelato nella pienezza dei tempi agli uomini. Giovanni nel suo vangelo scrive:”Dio, nessuno l’ha mai visto, ma il Figlio Unigenito che è nel seno del Padre, Lui ce lo ha rivelato”. Gesù, venendo in mezzo a noi, ha reso visibile il volto di Dio. “E il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”.     Il Verbo e la carne, la gloria divina e la sua tenda in mezzo a noi, configurano la vera identità divino – umana di Cristo. Il quale è veramente l’Emmanuele, il Dio con noi, il Dio che si è fatto umano, il Dio che si è reso incontrabile. Nell’ultima Cena, l’apostolo Filippo si rivolge a Gesù, dicendogli:”Signore, tu parli spesso del Padre. Mostraci il Padre e ci basta”. E Gesù gli rispose:”Filippo da tanto tempo io sono con voi e voi non mi avete ancora conosciuto? Filippo, chi vede me, vede il Padre”. Con tale risposta veniamo introdotti nella “zona-limite” del mistero, rappresentata dall’autocoscienza di Cristo, nella quale Egli non ha alcun dubbio:”Il Padre è in me ed io nel Padre”. L’essenza del Cristianesimo è riconoscere in Gesù il volto del Padre. Pertanto, il mistero del Natale non deve fermarsi alla semplice contemplazione di Cristo, nostro fratello e salvatore, ma deve aprirsi alla scoperta e all’adorazione del Padre. E questo “mistero taciuto per secoli eterni” non viene svelato all’improvviso, ma è portato avanti con i segnali lungimiranti delle profezie. Nella prima lettura, ripresa dal secondo libro di Samuele, leggiamo la profezia di Natan, riguardante Davide, che, durante il suo regno, vorrebbe erigere un grandioso tempio al Signore in Gerusalemme. Ma prima di iniziare la costruzione, si confida con il Profeta, il quale, dopo aver pregato, gli dice che non sarà lui a fare un tempio al Signore; non sarà lui a fare una casa al Signore, ma il Signore farà per lui una casa, farà per lui una discendenza per sempre. Così il profeta Natan respinge l’idea di Davide della costruzione di un tempio di pietre; però gli assicura discendenza stabile, una casa fatta di pietre vive, ossia di persone. Il Messia, che nascerà dalla stirpe di Davide, darà un significato pieno al mistero dell’oracolo del Profeta Natan. Infatti, con la incarnazione del Verbo di Dio, la Vergine Maria diventa la santa dimora che Dio stesso sceglie per porre la sua tenda in mezzo a noi. Diventa simbolicamente la nuova Sion, nelle cui mura non c’è piu’ il tempio di pietra e di legno come quello salomonico, ma il tempio perfetto della carne di Cristo. Nel grembo di Sion, cantava il Profeta Sofonia, “il Signore Dio è presente e il Potente ci salverà” (3,14-17). Nel seno di Maria, la nuova Sion, il Signore crea il suo tempio per entrare in comunione con l’umanità. Cristo è questo nuovo “tempio” aperto a tutti, la cui costruzione inizia nel grembo stesso di Maria, diventato per nove mesi la dimora dello Spirito Santo. Ebbene, il brano evangelico di oggi, già incontrato nella solennità dell’Immacolata Concezione, pur presentandoci, ancora una volta, Maria come destinataria diretta del messaggio divino, ci permette di cogliere, alla luce dell’oracolo di Natan e della profezia di Isaia dell’Emmanuele, alcuni tratti di Cristo, ben compendiati nelle parole di Luca:”Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo Padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe ed il suo regno non avrà fine”. Sono parole cariche di mistero che convergono su Cristo e si riverberano su Maria, rappresentata dall’evangelista Luca, come luogo della presenza di Dio:”Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”. Il richiamo alla presenza misteriosa di Dio sotto forma di “nube”, prima nella tenda del deserto, poi nel tempio di Gerusalemme; ed ora incombente su Maria, che sta per generare il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, vuole dimostrare che la nascita di Gesù risale soltanto ad un’iniziativa divina. Non solo, ma sta anche a simboleggiare che Maria è la nuova Sion, nella quale viene costruito il nuovo tempio di Dio, Gesù Cristo. Nel suo grembo verginale il mistero di salvezza, nascosto e taciuto per secoli eterni, grazie al suo “sì”, ora si rivela in pienezza. Vediamo così realizzata la profezia di Natan che capovolge i progetti di Davide e gli stessi progetti di Maria, sconosciuta fanciulla di Nazaret, che, liberamente ed incondizionatamente, aderisce al disegno dell’Altissimo. Vediamo come tutta la rivelazione punti decisamente verso Cristo, che Maria ci mostra quale unica “via” per giungere alla salvezza.  Pertanto, tutta la liturgia odierna è un invito a conoscere, a cercare, ad amare il volto di Cristo. Un uomo come tutti gli altri uomini, che nasconde in Sé l’Eternità.  Quell’Eternità che ha voluto  entrare nel tempo della storia, per elevare la pochezza della nostra finitudine  agli orizzonti di ciò che più non muore: la nostra eternità.

A cospetto di tanta miseria …

A volte mi domando se vale la pena profondere tante energie nella gestione di un ufficio,
quando la malizia di certi buontemponi interpreta ogni impegno come corrispettivo
di interessi particolari.
A cospetto di tanta miseria, la voglia di gettare tutto alle ortiche non manca, ma si arresta
vedendo l’affetto, la stima e, soprattutto, l’ ascolto delle persone perbene, con le quali la reciproca onestà
é il collante dell’amicizia.
E sono proprio tali presenze il ristoro del cuore e della mente.
Anzi, esse mutano in forza quei respiri pesanti di chi cerca di proiettare sugli altri il malessere
delle proprie  intime cattiverie.

Spettatore con il dito puntato

Ogni volta che condanni l’umanità, perché attraversata da intarsi di cattiveria o abbrutita da tante povertà, faresti bene a chiederti che cosa hai fatto per renderla migliore.

Non é forse vero che il suo tessuto contiene anche gli esseri come te?

È facile, amico mio, predicare la necessità di cambiare il mondo, perché troppo brutto, ma tu poco o nulla fai per essere diverso, per cambiare te stesso.

Ergerti a giudice di ciò che vedi, sciupando il tempo in continue lamentele, come se tutto fosse sbagliato, é la cosa più semplice.

Invece, sarebbe veramente bello rimboccarsi le maniche e, senza essere più spettatore con il dito puntato, sentirsi protagonista, impegnato a diventare un uomo nuovo.

 

C’è un filo rosso

Ogni giorno Tu mi parli e io non ascolto

prigioniero di me stesso;conto le parole

mie a dispetto delle Tue;sento l’egoismo

mio al cospetto del Tuo amore;agli occhi

della Tua misericordia antepongo sguardi

della mia indifferenza;alle Tue mani,che

toccano ogni attimo l’amara miseria,vedo

le mie,che non generano scatti di carità

ai tuoi piedi,che sono presenti dovunque

per asciugare il pianto della sofferenza

stimo i miei,già stanchi prima di andare

al Tuo cuore,che scrive dona solo pagine

di paternità,preferisco il mio,che offre

spesso soltanto per congedare chi chiede

Siamo veramente diversi,anche se tra noi

c’è un filo rosso,bagnato dal Tuo sangue

che non potrei mai spezzare e,infatti io

così come sono,mai potrò spezzarlo,certo

che Tu mi ricolmerai l’abisso di peccato

 

 

L’uomo chiuso nel bagaglio di se stesso

L’ uomo é diventato cattivo, perché si é chiuso nel bagaglio di se stesso.
Qui soggiogato dai pensieri deboli, che gli offrono solo piccole dosi di umanità,
grida il suo sdegno verso tutti e tutto, convinto che il mondo é solo una maschera
di fredda apparenza.
Vive senza serenità, con gli occhi spenti ed incapaci di trovare e vedere
nell’ altro il compagno di viaggio.
Una vita impossibile, spesso senza Dio, facile ad aprirsi alla disperazione.
Invece, sarebbe veramente diversa e carica di speranza la sua vita,
se si lasciasse accarezzare dall’odore dell’ altro ed imparasse a leggere
in ognuno l’ immagine di Dio.

 

Le strade e la strada

Troppe sono le strade che oggi  l’ uomo percorre e quasi tutte lo portano lontano dalla ricerca delle cose di lassù.

Unico desiderio che lo corrode é quello di possedere e distruggere.

Un’ eccitazione senza tregua, che lo spinge nell’ arena di una cupidigia sfrenata, che si risolve sempre nell’ avere a tutti i costi.

Così ammassa, non scartando nulla e non si rende conto che tutto é destinato a rimanere qui, su questa terra, dove non resta neppure il ricordo.

Diversa e stretta, invece, é la strada che guida in alto.

Non é pianeggiante, adatta a facili corse; é piena di buche con tante cadute, però sempre ricca di attrazione verso la meta.

É una via non comoda, il cui cammino costa sì troppo, ma alla fine rende veramente grande  colui che la percorre.

 

BALCONEAR

Non siamo diversi:io dal pulpito,tu dal balcone

preferiamo guardare e non camminare,indugiare e

non tuffarci tra le onde della vita,per salvare

chi annaspa in difficoltà ai margini della fede

Giochiamo con l’apparenza,spettatori di ciò che

fa scena,lontani da chi vibra emozioni di cuore

e non siamo credibili sia io che tu,impantanati

in una fiera di parole,che scorrono senza anima

Sciupiamo la fede a povera etichetta da circolo

utile agli schemi di numero e non della qualità

che spinge a fremiti di rinnovamento profondo e

a congedarci dal balcone per scendere in strada

Qui impariamo ad amare Cristo come Egli vuole e

non come noi desideriamo:pellegrino senza fissa

dimora in croce alla miseria con le mani aperte

povero errante con il volto trafitto dal dolore

Qui tra le tende mai chiuse,dove udiamo respiri

di abbandono e lacrime di fame,scopriamo Cristo

che,benché affamato assetato bisognoso di tutto

sorride ad ogni gesto d’amore fatto in nome suo