Se qualcuno accoglie il tuo sorriso con una smorfia,
ritiralo senza innervosirti e non sciuparlo più.
Anzi, conservalo per chi dimostra di meritarlo,
e quando puoi, donalo senza attesa di qualche ritorno.
Quando il tempo fugge velocemente e tu nulla hai saputo trattenere,
nemmeno briciole di ricordi,
fermati per vedere se nella penombra della vita, trovi ancora qualcosa
che ha il respiro del rimpianto.
E se l’ hai amata anche per un istante, guardati nello specchio dell’ anima
e scoprirai che i tuoi occhi brillano e rivelano il dolore della sua mancanza.
In giro c’ è una grande superficialità, che non disdegna di toccare qualsiasi dimensione sia sociale e morale che religiosa.
Così, è facile, oggi, vedere chi proclama di avere una o più etichette di appartenenza, senza alcuna esperienza di quanto vorrebbe attribuirsi.
Si illude di avere una tessera o qualcosa altro, solo perché si interessa o crede in qualcuno.
Incredibile, se si consideri che ogni appartenenza presuppone un vera storia, nella quale bisogna vedersi e leggersi, per ricavarne la propria carta di identità.
Aldilà degli spazi che il mondo offre e nel quale troppe sono le occasioni per definirsi etichettato, è opportuno sottolineare, nell’ambito della fede, il comportamento di chi si dice cristiano senza avere una vita veramente cristiana.
Anzi, per molti basta una semplice dichiarazione di fede in Dio, un segno di croce, per potersi dire cristiano, anche se nel cuore e nella mente, non c’è nulla che si chiama Chiesa.
Invece, per essere un vero cristiano, è necessario avere un nome ed un cognome.
Il primo è : ” io sono cristiano “.
Il secondo:” io appartengo alla Chiesa “.
Il che significa che la vera identità è l’ appartenenza alla Chiesa, l’ essere parte di un popolo, di una grande famiglia, che lo fa cristiano nel momento del battesimo e nel percorso della vita con catechesi ed insegnamenti, che trasmettono il contenuto della fede e fanno crescere come cristiani.
Perciò, è per nulla veritiero chi dice di credere in Dio ed in Gesù, senza avere alcun interesse verso la Chiesa, quasi proclamando un rapporto personale con il divino, del tutto disincantato da Essa.
Nessuno diventa cristiano da sè.
Non si fa alcun cristiano in laboratorio.
Si diventa cristiano solo nell’appartenenza alla Chiesa, il cognome nel quale si arricchisce e si alimenta la propria identità..
Giorno dopo giorno, senza mai stancarsi l’uomo violenta la natura, non solo per prendere il meglio, ma anche il superfluo.
Mai si ferma al necessario.
Anzi, illudendosi che le risorse non finiscono mai, continua il suo brigantaggio,coagulando ogni cosa per pochi privilegiati, a dispetto di tanti, ai quali non sono concesse neppure le briciole.
Ieri ho messo davanti a cani e gatti tanta carne: hanno mangiato solo il necessario. Alzando lo sguardo, ho visto uccelli e farfalle fare la stessa cosa.
E così gli altri animali.
Solo i maiali hanno esagerato, però senza sperperare.
Un esempio stupendo che la natura dona all’uomo e che l’ uomo non sa imitare, prigioniero della sua ingordigia.
Ma quando le risorse finiranno, che sará di questa umanità, che sta divorando il necessario, il meglio e il superfluo?
Nella Banca del cielo ognuno ha un conto corrente, nel quale sono scritte le cifre accumulate durante la vita.
Non tutte, però, hanno uguale tonalità: infatti, alcune sono un intarsio di debiti, altre uno scrigno di crediti.
Le prime sono le monete del mondo, il cui contrassegno, fatto di sole parole ed apparenze, ha perduto ogni potere di acquisto.
Le seconde, invece, che portano ancora in sé l’ immagine di Dio, sono ricche di interessi ed aprono il ventaglio della salvezza.
Cristi stracciati dalla fame avanzano
senza bisacce su battelli sgangherati
sicuri di cercare una fortuna diversa
invece si ritrovano senza meta sparsi
qua e là come pesci morti alla deriva
ove un epitaffio ne ricorda il colore
Non essere triste, rischi di trovare chiuse persino le porte del cielo.
É la gioia che ti spalanca il cuore alle cose di lassù
e te le fa vivere come se fossero il suo lievito.
Un volto triste é sempre spento, non ha fremiti di sorriso né di sguardo.
Nulla osserva o trasmette, tutto gli é di peso: é un mondo senza speranza,
dove anche il sognare diventa un fastidio.
Il piacere di tacere, molto spesso, nasce dalla indisponibilitá all’ ascolto di chi comanda.
La prosopopea di essere migliore solo perchè fasciato di autorità, la pretesa di possedere le conclusioni per ogni problema solo perché amante dell’ ultima parola e la caparbietà di non riconoscere ad altri neppure il carisma delle buone intenzioni, è lo specchio, dove si può vedere la dissoluzione di ogni condivisione e la maschera di una povera autoesaltazione.
Non c’ è silenzio più sentito che quello che si ha davanti a personaggi di simile statura: è un effluvio di intelligenza e di umiltà, che, in poco tempo, diventa un boomerang per chi crede di essere il depositario di ogni sapere.
Sarebbe, invece, esemplare e certamente creativo, se chi comanda imparasse a guardare l’ altro con gli occhi dell’ anima e del cuore, per scoprire la veritá delle risposte e, soprattutto, la sincerità dei suoi intenti.
Stasera ho visto ciò che mai avrei voluto vedere.
Un amico,sacerdote, ricco di amici, in un letto d’ospedale,
spento nel volto, con labbra quasi sofferenti, con gli occhi prossimi al pianto,
solo,
senza una parola di conforto, un sorriso familiare,
in compagnia di una fredda badante.
Che tristezza!
Una vita consumata al servizio degli altri, donando persino le riserve del proprio cuore,
si accartoccia nello scrigno del mistero, dove trova e gusta l’ultimo riposo
nell’amore dell’amico vero: il suo Dio.
Troppe sono le cause che affliggono l’ umanità.
Insorgono ogni giorno con dinamiche disarmanti e si abbattono su di essa, prostrandola in un labirinto disperato, che acceca ogni barlume di pace e di armonia.
Come se non bastassero i continui conflitti interni e tra i diversi Stati, che accrescono la ragnatela della povertà; o gli stessi cambiamenti climatici, con effetti distruttivi, quasi il grido di vendetta di una natura tradita.
Come se non bastasse la caduta libera di tante economie, anche di quelle ad alto reddito, che hanno e stanno gettando sul lastrico quelle più deboli, non si può sottacere la presenza nel cuore dell’ uomo di una ” fames auri”, di un’ avidità personale, che lo porta spesso a calpestare la dignità di chiunque si pone come impedimento ad essa e, nello stesso tempo, a rendere sempre più deprimente ed offensivo il divario tra i ricchi e i poveri con disastrose rotture relazionali a tutti i livelli.
Finchè esistono uomini e Stati avidi, che interpretano le sfide globali senza alcuno spirito di solidarietà, ma solo nell’interesse di se stessi e del loro Paese, l’ umanità non uscirà mai dal guscio della povertà e, quindi, della sofferenza.
E lo scenario dei popoli sarà sempre un intarsio di immagini variegate, che rappresentano poveri, morenti per fame e ricchi per avidità.