Categoria: Generale

11 Maggio

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7 MAGGIO

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Primo Maggio

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Primo Maggio: Festa dei lavoratori?

Quella di oggi non si può chiamare la festa del lavoro, ma della disoccupazione e della paura.

Sui volti di tutti e di ciascuno è  leggibile non solo la propria, ma anche la sofferenza degli assenti,  coinvolti in un riposo forzato, che sta aprendo le porte della disperazione per tante famiglie, ormai in balia della povertà.

I comizi e i concerti, silenziosi conditi da una fiera verbale televisiva,  oggi sembrano la celebrazione delle esequie del diritto al lavoro sancito dalla Costituzione.

Infatti, ai canti e alle parole in libertà, che creano solo barlumi di speranze, che quasi sempre si spengono, una volta chiuso il sipario, fa da contraltare la realtà di una società arrabbiata, smarrita nella ragnatela del non lavoro, che avanza impietosamente, grazie anche al mistero del corona virus.
È proprio il caso di dire che oggi, più che celebrare la festa dei lavoratori, molti fanno semplicemente memoria, dai loro balconi,  di un  lavoro,che, dopo tanti sacrifici, stanno perdendo  per  le solite incertezze politiche

Quanta amarezza oggi ….

Quanta amarezza accarezza oggi lo sguardo della gente!

È come un alito di vento incerto, che non passa inosservato.

Procura fruscii, che sembrano soltanto tante voci di delusione.

Sfumature diverse, appese all’ orizzonte di un futuro di precarietà.

Ed è proprio qui che le grida delle promesse vengono soffocate

dalla mancanza sia del necessario che del superfluo.

È l’amarezza della povertà incombente,che la vergogna nasconde

e la necessitá scrive sul volto di chi, per strada, allarga gli occhi,

non disdegnando ciò che giá si è fatto straniero ai suoi desideri.,

Sempre oltre

Mai mi fermo alla soglia dell’orizzonte
Vado sempre oltre.
Non per curiosità,ma per ritrovarmi
nel cuore dell’infinito,dove scopro
chi veramente sono.

Guardo le mie mani

barboneGuardo le mie mani,non le trovo più come prima
sembrano quadri invecchiati pieni di striature
assomiglianti a delicate tortuosità insenature
sottili brevi inscenate dalla pelle increspata
che rivela il tempo della vita non più giovane
ma già nel risucchio del traguardo ultimo,dove
pur mancando la voglia di vedere ciò che resta
mi fermo a conteggiare gli anni che ho vissuto