Con la Domenica delle Palme e della Passione inizia la Settimana Santa, durante la quale la liturgia ci presenta i grandi avvenimenti della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù.
C’è un misto di gioia e di tristezza nella lettura dei tre brani biblici. Gioia per l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme fra l’esultanza della folla e le grida osannanti dei fanciulli; tristezza per lo sbocco drammatico verso cui tendono questi rapidi eventi di trionfo. Due momenti apparentemente contrastanti, ma che in realtà sono aspetti di un medesimo dramma, esaltante e rattristante nello stesso tempo, l’uno concatenato all’altro sia cronologicamente che logicamente. Dal punto di vista cronologico, è necessario sottolineare che proprio l’ingresso solenne di Gesù in Gerusalemme provocherà la reazione violenta della classe dirigente giudaica, che ne delibera la morte. Dal punto di vista logico, bisogna puntualizzare che l’intenzione degli evangelisti è quella di dimostrare che Gesù conquista la sua regalità messianica sul legno della croce. Non a caso, il titolo che esprime il motivo della condanna è “Gesù, re dei giudei”. Il che sta a significare che Gesù diventa Re, proprio morendo sulla croce, la quale è il trono da cui Egli regna sul mondo da Lui salvato. Il mistero della Croce nella vita di Gesù e, quindi, nella vita di ogni cristiano, è la massima rivelazione dell’amore. Egli, il servo obbediente del Signore, cammina verso la passione attraverso una profonda umiliazione che S. Paolo esprime nella seconda lettura con parole cariche di realismo:”pur essendo Dio, Cristo si umiliò fino a sottomettersi alla morte sulla croce; per questo il Padre lo ha esaltato”. A questo punto il dramma della passione comincia a stemperarsi in tutti i suoi particolari, che gravitano intorno ad una sola verità: la morte di Gesù è un gesto di donazione e di amore, un’immolazione sacrificale, come Egli stesso spiega quando istituisce l’Eucaristia:”Questo è il mio sangue, il sangue dell’Alleanza, versato per molti”.
Ebbene, è giusto contemplare insieme alcune circostanze di questa storia umana e divina che ha cambiato il mondo. L’agonia tremenda di Gesù inizia nell’orto degli Ulivi come un prologo doloroso alla tragedia dell’Amore che si sacrifica per l’umanità. Nessuno è accanto a Gesù in quello strazio. Un angelo lo conforta per qualche istante: poi la solitudine, l’abbandono, il tradimento. “Quanto mi potete dare?”. Anche noi chiediamo con Giuda. E il mondo ci offre i soliti 30 denari d’argento per i quali sacrifichiamo Gesù: lo vendiamo, lo baciamo ipocritamente sulla fronte, ci sentiamo chiamare amici. E poi? La gioia di un attimo, la fuga, il rimorso, la sfiducia, la disperazione. La fine di Giuda è quella di chi, respingendo l’Amore, giunge ad odiare se stesso. Non così per Pietro, che pur rinnegando Gesù per tre volte, al canto del gallo “si ricorda, esce fuori e piange amaramente, facendo trionfare la sua fede”.
Accanto a Pietro e Giuda troviamo i due sommi sacerdoti Anna e Caifa, che cercano di dare un aspetto di legalità ad una condanna già decisa. Come loro, non ricorriamo anche noi alla menzogna, alla diffamazione pur di colpire l’avversario di turno? Nella passione di Gesù affiorano i nuovi Caifa della politica e degli affari, della falsa giustizia e dei soprusi.
Intanto, la folla intera, che qualche giorno lo aveva applaudito, ora manipolata dai sommi sacerdoti, gli si rivolta contro, preferendogli Barabba e chiedendo per Gesù la crocifissione. Uniche ad avere un po’ di coraggio, in mezzo a questo generale tradimento, sono alcune donne, alle quali l’evangelista Marco riconosce una maggiore lucidità di penetrazione nel mistero e una maggiore capacità di amore e di fedeltà. Comunque sia, proprio quando Gesù provoca lo scandolo dei suoi discepoli e dei benpensanti di tutti i tempi, Egli rimane nella solitudine più desolante. Ma lo scandolo della croce è lo scandolo permanente della fede. Ed esso significa che non solo dobbiamo avere il coraggio di accettare il mistero di Cristo crocifisso, ma di sentirci anche crocifissi insieme a Lui. Non è facile portare la croce con Cristo oggi, in una società che sta vendendo l’anima per pizzichi di felicità sfuggente; ma solo se reinseriamo questo segno luminoso della croce nel cuore della nostra vita quotidiana, scegliendo la verità alla falsità, la luce alle tenebre, la giustizia all’ingiustizia, l’amore all’odio, possiamo essere cristiani credibili, testimoni del mistero di Cristo.