Con questa pagina del vangelo si chiude il discorso della montagna che la liturgia ci ha proposto in queste domeniche precedenti. Ebbene, prima di entrare nel cuore del messaggio di oggi, è opportuno sottolineare che questo brano all’inizio e alla fine presenta due frasi che danno l’esatta valenza dell’insegnamento di Gesù. In apertura Egli dice: ”Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona(la ricchezza)”.In chiusura, Gesù dice:” Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia…”. Nella prima frase Gesù, ancora una volta, così come aveva fatto nel discorso della montagna, ribadisce che il Regno di Dio esige delle scelte radicali sia per essere proclamato che per poterci far parte. Chi si mette alla sequela di Gesù Cristo non può barcamenarsi, tenendo il piede in due staffe. Un vero cristiano deve operare decisamente la propria scelta: Dio oppure la ricchezza. E qui bisognare chiarire che Dio non condanna chi possiede delle ricchezze, ma chi fa di esse un idolo, facendosi gestire da esse, fino a divenirne schiavo. Dio non ammette contemporaneità di interesse o di amore: Egli è un Dio geloso, che non ammette rivali. Del resto, quando l’amore è vero e totale, è anche esclusivo e totalizzante. E questo è l’amore che Cristo chiede a noi. Ecco perché ci invita a servire il Signore, abbyandonandoci alla sua Provvidenza di Padre. Un invito che avvolge con immagini poetiche, in un gioco di bellezza naturale con gigliQ ed uccelli, che vengono curati amorevolmente da Dio. I gigli, che Dio veste così belli che neppure Salomone, con la sua gloria, vestiva come uno di loro; oppure gli uccelli, che nulla fanno “eppure il Padre celeste li nutre”. Dalla visione degli uccelli e dei gigli Egli trae un invito per tutti noi a non lasciarsi imprigionare dalla tentazione del denaro, dall’ossessione dell’avere, dalle preoccupazioni ossessive del domani, ma a calarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza di Dio, che sa di cosa noi abbiamo bisogno. Per ben tre volte Gesù ripete questo invito:” non affannatevi del cibo o della bevanda, del vestito o del domani”. Un invito al negativo, questo, che in forma positiva significa: ”abbiate fiducia filiale in Dio, che è Padre vostro”, che se provvede agli uccelli, ai fiori del campo e all’erba che hanno tutti una esistenza fragile, quanto più provvederà a noi? Con questo insegnamento, Gesù vuole liberare il nostro cuore dagli affanni quotidiani, affermando che ciò che è decisivo per la nostra vita è la fiducia in Dio. Purtroppo, in un contesto sociale come il nostro, dove tutto si misura sul dio denaro, sembra mera poesia accontentarsi di risolvere la propria vita terrena con la semplice fiducia in Dio, mettendo così in secondo ordine ogni sicurezza economica. Certamente questa febbre del denaro che genera ogni vizio e persino imbarbarimento dei costumi, si scontra con la nostra fede, nella misura in cui questa “auri sacra fames” diventa idolatria, ossessione di possesso, psicosi di sicurezza come controaltare al Signore. Davanti a tale scenario, Gesù ci invita ad una scelta prioritaria:” Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Un vero cristiano non deve mai dimenticare che se costruisce la sua scala di valori e le sue scelte sull’avere, alla fine si ritrova “affannato”, come dice Gesù. Forse sarà socialmente ricco, ma sarà umanamente povero, spiritualmente vuoto, inutile per il regno di Dio. Viceversa, un cristiano che si immerge nella Provvidenza, che sceglie ogni giorno la via della fiducia e della speranza, dell’attesa e dell’abbandono in Dio, è un autentico esempio di provvidenza divina, che esclude dal suo cuore la preoccupazione, ma non lo dispensa dall’impegno nelle cose della terra. Vorrei concludere con un pensiero di S. Paolo, che ben racchiude lo stile di vita del cristiano:” Il tempo ormai si è fatto breve. D’ora innanzi quelli che piangono vivano come se non piangessero e quelli che gioiscono come se non gioissero; quelli che comprano come se non possedessero; quelli che usano del mondo come se non ne usassero appieno”(1Cor.7,29-31).