Continuano le apparizioni di Gesù. Esse sono essenzialmente vicende di fede, incontri ricchi di mistero, ma reali tra il Risorto ed i suoi discepoli. Nell’odierno brano evangelico, il cui racconto è una esclusività di Luca, leggiamo l’itinerario di fede dei due discepoli di Emmaus, i quali passano progressivamente dalla non conoscenza di Gesù alla comprensione del suo mistero di morte e risurrezione; dalla delusione, racchiusa in quel malinconico “sperabamus”, alla visione della fede, e, quindi, alla confessione gioiosa: ”il Signore è veramente risorto”. Un cammino profondo, scandito dall’ascolto della parola di Dio e dal gesto di Gesù dello spezzare il pane. Ma cerchiamo di approfondire la trama di questo incontro, vissuto dai due discepoli sulla strada da Gerusalemme ad Emmaus, con Gesù, il quale, senza farsi conoscere, si fa compagno di viaggio. Con il volto triste, camminano ormai vinti dalla protrazione. Essi hanno già sepolto le speranze messianiche nella tomba del Crocifisso. Discutono tra loro per colmare il vuoto causato da quanto drammaticamente accaduto, ma la sconfitta resta pesante. Allo sconosciuto viandante che finge di ignorare il contenuto della discussione, gli offrono una dettagliata storia, confidando persino l’amarezza per il crollo delle loro speranze: ”noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute”. Parole sofferte, pronunciate come memoria di una fine senza ritorno. Infatti, ormai non c’è più nulla da fare: le speranze di una liberazione di Israele sono fallite per sempre. Tutto è finito sulla croce. A questo punto si aprono orizzonti di nuova luce: l’estraneo viandante si inserisce nella discussione. E, attraverso la spiegazione dei testi della Scrittura, a cominciare “da Mosè e da tutti i profeti”, manifesta la necessità della sofferenza e della morte in croce di Cristo, per “entrare nella gloria” del Padre. Pertanto, ciò che ad essi appariva come il fallimento di un progetto, in realtà è l’inizio della gloria: ”Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Così, sulla via per Emmaus, Gesù, in prima persona, celebra la liturgia della Parola, introducendo i due discepoli nella comprensione del suo mistero, fino a renderli partecipi della Sua Pasqua di salvezza. Ebbene, l’insegnamento della Scrittura, con il quale Gesù mostra la stretta colleganza tra le profezie messianiche dell’Antico Testamento e il loro compimento nel Nuovo, è il primo segno che offre ai due discepoli, per farsi riconoscere. Il secondo è un segno eucaristico. Certamente la cena, a cui Gesù è invitato, riveste i requisiti della normalità quotidiana. Però, non si può prescindere dalla sua prospettiva eucaristica, alla quale il testo allude, quando riporta i gesti compiuti dall’insolito pellegrino: ”quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”. C’è in questa espressione un chiaro rimando all’istituzione dell’Eucaristia. Tanto è vero che proprio dopo la pronuncia di queste parole, essi lo riconoscono: ”ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”, dove “riconoscere” in senso biblico, è il verbo della fede. Ma la scena non si chiude qui, con il riconoscimento del Risorto. Essi, con il cuore traboccante di gioia, ritornano subito a Gerusalemme, per testimoniare agli undici quanto accaduto e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Su questa traiettoria di gioia e di testimonianza si muovono le altre due letture bibliche. Nella prima, tratta dagli Atti degli Apostoli, le parole dell’apostolo Pietro racchiudono la ricchezza della nostra fede, fondata su Cristo, messo a morte nella carne e risorto nella gloria per la nostra salvezza. Un “disegno questo già prestabilito” da Dio; per cui, anche se apparso agli occhi degli uomini come un fallimento, uno smacco; in realtà esso rivela l’esaltazione dell’onnipotenza e dell’amore del Padre verso l’umanità. Anche la seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Pietro, parla di questo misterioso disegno di Dio riguardo a Cristo: ”Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi”. E noi siamo i destinatari di questo disegno di amore che la Scrittura ci svela, facendoci sentire il bisogno di conoscerlo e meditarlo. Ebbene, il racconto dell’incontro pasquale di Cristo risorto con i due discepoli di Emmaus, si configura come un episodio molto intenso, ritmato simbolicamente dalla complementarietà di due aspetti essenziali: ascolto della parola di Dio e lo spezzamento del pane. Gesù risorto, facendosi pellegrino con i pellegrini, dopo aver donato la parola di Dio, porta l’Eucaristia dal Cenacolo di Gerusalemme sulla strada della vita di ognuno di noi. Si fa presente nella nostra storia personale e comunitaria. Passa continuamente, bussando alle porte dei nostri cuori. Noi non siamo mai soli. Cammina a fianco a noi, con una presenza misteriosa, ma reale. E noi Lo possiamo riconoscere e testimoniare come il Dio della vita, a condizione però che la sua parola e il pane spezzato dell’Eucaristia riscaldino i nostri cuori e rendono gli occhi dello spirito capaci di scoprirLo vivo nel lamento del povero, nel grido di chi soffre, nello sguardo degli ultimi.