La mia è una riflessione che nasce dall’immediatezza della visione del contesto sociale,dove si assiste certamente ad uno spettacolo non edificante del vissuto politico,caratterizzato da comportamenti poco morali,se non addirittura contrastanti con la stessa etica politica.
Oggi nessuno può negare questo degrado politico,non perché “la politica sia in sé una cosa sporca”,ma perché chi fa politica ,purtroppo,dimentica facilmente che essa è essenzialmente un servizio a vantaggio della collettività,e non per il proprio particolare interesse.
In questa riflessione non voglio entrare nel merito dei rapporti tra etica e politica come valori assoluti,che generano non pochi problemi di coscienza,anche perché il rapporto reale tra etica e politica è un passaggio molto importante,soprattutto quando si ha a che fare con la potenza e la violenza. A tal uopo,mi permetto di richiamare la vostra attenzione solo su due concezioni diverse di vedere il rapporto politica ed etica.
Secondo il Machiavelli,per avere prospettive di successo l’agire politico deve impiegare,in piena autonomia,la sua forza e la sua abilità senza l’intralcio di scrupoli morali. Pertanto,la frode e la crudeltà sono ammesse come mezzo contro chi si oppone al perseguimento dell’utile. Il principe – e Cesare Borgia insegna – è libero anche dai principi morali e religiosi.
Viceversa,secondo Tommaso Moro,in una società ideale la politica non può essere separata dalla morale;e chi la esercita deve rispettare,come tutti gli uomini,i suoi principi,i quali sono in pieno accordo con quelli del cristianesimo. Il politico che non è affidabile nella vita privata non lo sarà neanche in quella pubblica. Ogni attività è regolata dai criteri morali.
Ebbene,nella prospettiva machiavellica,lo scopo principale del politico è la tutela dello stato,il suo utile,senza calcolare gli svantaggi a carico dell’individuo.
In quella di Tommaso Moro,invece,l’individuo viene prima dello stato,per cui il suo sacrificio,anche se portatore di un utile allo stato,non è mai lecito.
Come si constata,ci troviamo al cospetto di valori assoluti,in virtù dei quali nel primo caso l’etica è totalmente assorbita dalla politica;nel secondo caso,la politica è totalmente subordinata all’etica.
Fatti tali accenni,non ritengo possibile,in tale sede, continuare la riflessione su tali concetti,in quanto la realtà politica ed etica odierna nel suo evolversi tra vicende non esemplari e poco lineari,merita delle considerazioni diverse,che devono abbracciare il politico,il singolo politico,nella interpersonalità quotidiana,dove si verificano intrallazzi e compromessi;dove sembra prevalere il principio che è lecito ciò che torna a proprio vantaggio,non importa se si compie a danno del prossimo o della stessa collettività. E qui è importante l’approccio soggettivo alla politica di colui che la vuol fare,nella considerazione che “il fare una buona o cattiva politica, dipende dalla rettitudine dell’intenzione del soggetto,dalla bontà dei fini da raggiungere e dai mezzi onesti che si impiegano”.
Lavorare al bene di un Paese,di una regione,di una provincia,di una città,del proprio piccolo paese è fare del bene al prossimo che si trova riunito in tali entità territoriali.
Tutto sta nel modo di lavorare,nello scopo e nei mezzi.
Pertanto,la politica non è “una cosa sporca”,ma è un dovere morale,che Pio XI definì “un atto di carità del prossimo”.
Purtroppo,il contesto attuale vede la prevalenza sull’impegno politico di una impostazione pragmatica ed utilitaristica,che scoraggia ogni uomo di buona volontà,il quale tante volte si rifugia,pur di non far politica,in un impegno sociale di corto respiro,senza alcuna progettualità né politica nè culturale di alto profilo. Ed è proprio questa impostazione utilitaristica e personalistica della politica che crea un “vulnus”,cioè,profonde ferite alla giustizia,dalle quali scattano continue inchieste giudiziarie,che originano disaffezione e distacco dalla politica e dal politico.
Tra le virtù dei politici,il grande don Luigi Sturzo,citava:la sincerità,la franchezza,la fermezza nel saper dire anche “no”;l’umiltà da cui scaturisce il senso del limite,il non attaccamento al denaro e alla fama;la competenza,la progettualità politica…”.
I nostri politici hanno queste qualità?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Sempre don Sturzo,in appendice all’opera Coscienza e Politica,afferma che la politica è un’arte che riescono ad esercitare solo pochi artisti,mentre altri si accontentano di esserne artigiani e molti si riducono ad essere mestieranti della politica.
Osservando la realtà politica attuale,ognuno,nel silenzio della propria coscienza,potrà individuare quali politici siano da ascriversi alla categoria degli artisti,degli artigiani o dei mestieranti.