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Mons.Pasquale D’Anna:vero uomo e vero sacerdote

Cinquant’anni vissuti alla sua ombra in un intreccio di parole e di silenzi,di sguardi e di gesti sempre proiettati alla creazione di un futuro comune, mai lontano da quel senso profondo  di ecclesialità  che costituiva il suo modus vivendi. Il suo approccio alle cose e alle persone era irrorato da un alto spirito di rispetto e di giustizia,che, a primo impatto, dava l’impressione di una serietà imperiosa,invece lentamente si scioglieva nella dolcezza di un cuore che si apriva alle ansie e alle altrui richieste.

Non era una figura di altri tempi,distante dalla realtà così rumorosa ed insieme affascinante,ma un uomo  vero,impregnato di una grande umanità, chiamato ad essere dal Signore  suo sacerdote per sempre.Un ministero svolto in maniera esemplare, tanto da costituire per la sua Parrocchia e l’intera Arcidiocesi di Capua un punto di riferimento sia  per le piccole che per  le grandi scelte.

Ora Mons. Pasquale D’Anna ha concluso il suo pellegrinaggio,che veniva da Lui considerato solo una breve pausa prima di iniziare il grande gioco dell’Eternità.Con Lui vola in alto un pezzo di storia locale e diocesana non per cadere nell’oblio,ma per ergersi ad esempio,sulla cui lunghezza ognuno,laico o sacerdote, possa progettare il suo domani nell’orizzonte di una feconda fraternità umana e sacerdotale.

Grazie di tutti gli insegnamenti e mai dimenticheremo i suoi occhi di grazia e di rimprovero affettuoso.

Visita al Carcere di S.Maria C.V

C’è un mondo vivo,profondamente umano,dove ogni volto è una storia,nelle cui pieghe si cela un intarsio di emozioni e di sofferenza per gli affetti lasciati e mai abbandonati:è il mondo delle carceri,dove i sorrisi di felicità si contano raramente,gli sguardi di tristezza,invece,aleggiano negli occhi di tutti.

Una tristezza che non si allontana dalla loro dignità e sembra farsi speranza,radicata nella consapevolezza che un giorno il deserto che stanno vivendo,al di là degli accadimenti che li hanno travolti,possa trasformarsi in un giardino,irrorato dalla solidarietà dei benpensanti.

Mai l’ascolto di un canto natalizio aveva penetrato,fino alla sofferenza la mia anima,come quello suonato e cantato,oggi 30 dicembre 2013,dai detenuti del carcere militare di  Santa Maria  nella Caserma Ezio Andolfati.

In quell’Astro del Cielo che uno di essi modulava, con perfette note musicali,guidando il coro dell’assemblea,ho rigustato la vera storia di Dio,che ha voluto ancora una volta farsi vedere e conoscere negli ultimi,quelli che il mondo del chiasso facilmente dimentica:”Avevo fame e mi hai dato da mangiare,avevo sete e mi hai dato da bere,ero nudo e mi hai vestito… carcerato e sei venuto a visitarmi. Ogni volta che fai un gesto di carità a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a me”.

Questa Verità incarnata mi faceva leggere su quei volti pensosi i lineamenti di un’umanità vera, che, nonostante le vicissitudini della vita,crede ancora nell’amore.

Il clima vissuto è stato,poi,animato non solo dalla presenza del Comandante Col. Raffaele D’Ambrosio e dal Ten. Col  Nicola Cacciuolo ed altri Militari,che senza venir meno al loro ruolo hanno saputo esprimere utili motivi di fraternità,ma anche dalla feconda delicatezza interpersonale,che l’Arcivescovo di Capua, S. E. Mons.  Salvatore Visco, ha donato durante la celebrazione della Santa Messa e nei successivi momenti di intrattenimento con gli ospiti.

Ringrazio di cuore il Comandante per l’invito,perché mi ha dato la gioia di sperimentare la verità di una circostanza umana in cui Gesù ha voluto identificare Se Stesso:visitare i carcerati. Grazie

 

 

Etica e politica

La mia è una riflessione che nasce dall’immediatezza della visione del contesto sociale,dove si assiste certamente  ad uno spettacolo non edificante del vissuto politico,caratterizzato da comportamenti poco morali,se non addirittura contrastanti  con la stessa etica politica.

Oggi nessuno  può negare questo degrado politico,non perché “la politica sia in sé  una cosa sporca”,ma perché chi fa politica ,purtroppo,dimentica  facilmente che essa è essenzialmente un servizio a vantaggio della collettività,e non per il proprio particolare interesse.

In questa riflessione non voglio entrare nel merito dei rapporti tra etica e politica come valori assoluti,che generano non pochi problemi di coscienza,anche perché il rapporto reale tra etica e politica è un passaggio molto importante,soprattutto quando si ha a che fare con la potenza e la violenza. A tal uopo,mi permetto di richiamare la vostra attenzione solo su due concezioni  diverse di vedere il rapporto politica ed etica.

Secondo il Machiavelli,per avere prospettive di successo l’agire politico deve impiegare,in piena autonomia,la sua forza e la sua abilità senza l’intralcio di scrupoli morali. Pertanto,la frode e la crudeltà sono ammesse come mezzo contro chi si oppone al perseguimento dell’utile. Il principe – e Cesare Borgia insegna – è libero anche dai principi morali e religiosi.

Viceversa,secondo Tommaso Moro,in una società ideale la politica non può essere separata dalla morale;e chi la esercita deve rispettare,come tutti gli uomini,i suoi principi,i quali sono in pieno accordo con quelli del cristianesimo. Il politico che non è affidabile nella vita privata non lo sarà neanche in quella pubblica. Ogni attività è regolata dai criteri morali.

Ebbene,nella prospettiva machiavellica,lo scopo principale del politico è la tutela dello stato,il suo utile,senza calcolare gli svantaggi a carico dell’individuo.

In quella di Tommaso Moro,invece,l’individuo viene prima dello stato,per cui il suo sacrificio,anche se portatore di un utile allo stato,non è mai lecito.

Come si constata,ci troviamo al cospetto di valori assoluti,in virtù dei quali nel primo caso l’etica è totalmente assorbita dalla politica;nel secondo caso,la politica è totalmente subordinata all’etica.

Fatti tali accenni,non ritengo possibile,in tale sede, continuare la riflessione su tali concetti,in quanto la realtà politica ed etica odierna nel suo evolversi tra vicende non esemplari e poco lineari,merita delle considerazioni diverse,che devono abbracciare il politico,il singolo politico,nella interpersonalità quotidiana,dove si verificano intrallazzi e compromessi;dove sembra prevalere il principio che è lecito ciò che torna a proprio vantaggio,non importa se si compie a danno del prossimo o della stessa collettività. E qui è importante l’approccio soggettivo alla politica di colui che la vuol  fare,nella considerazione che “il fare una buona o cattiva politica, dipende dalla rettitudine dell’intenzione del soggetto,dalla bontà dei fini da raggiungere e dai mezzi onesti che si impiegano”.

Lavorare al bene di un Paese,di una regione,di una provincia,di una città,del proprio piccolo paese è fare del bene al prossimo che si trova riunito in tali entità territoriali.

Tutto sta nel modo di lavorare,nello scopo e nei mezzi.

Pertanto,la politica non è “una cosa sporca”,ma è un dovere morale,che Pio XI definì “un atto di carità del prossimo”.

Purtroppo,il contesto attuale vede la prevalenza sull’impegno politico di una impostazione pragmatica ed utilitaristica,che scoraggia ogni uomo di buona volontà,il quale tante volte si rifugia,pur di non far politica,in un impegno sociale di corto respiro,senza alcuna progettualità né politica nè culturale di alto profilo. Ed è proprio questa impostazione utilitaristica e personalistica della politica che crea un “vulnus”,cioè,profonde ferite alla giustizia,dalle quali scattano continue inchieste giudiziarie,che originano disaffezione e distacco dalla politica e dal politico.

Tra le virtù dei politici,il grande don Luigi Sturzo,citava:la sincerità,la franchezza,la fermezza nel saper dire anche “no”;l’umiltà da cui scaturisce il senso del limite,il non attaccamento al denaro e alla fama;la competenza,la progettualità politica…”.

I nostri politici hanno queste qualità?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Sempre don Sturzo,in appendice all’opera Coscienza e Politica,afferma che la politica è un’arte che riescono ad esercitare solo pochi artisti,mentre altri si accontentano di esserne artigiani e molti si riducono ad essere mestieranti della politica.

Osservando la realtà politica attuale,ognuno,nel silenzio della propria coscienza,potrà individuare quali politici siano da ascriversi alla categoria degli artisti,degli artigiani o dei mestieranti.