Categoria: Ai Giovani

La Porta dell’ amore

Ogni volta che la delusione insorge nel tuo cuore ed avverti il peso della solitudine, come se tutto tramasse contro di te,fermati e guardati intorno, dove certamente trovi qualcosa o qualcuno che potrebbe donarti speranze migliori.

Soprattutto stringi gli occhi, per liberarti dalla fuliggine delle illusioni, generate da false promesse, e gusti la trasparenza del Cielo, dove Qualcuno aspetta il tuo ritorno, per riprendere il suo cammino con te.

Qui non ascolterai parole né rimproveri; non vedrai volti finti come immaginette né sorrisi accattivanti di fantasmi.

Sentirai solo il profumo dell’Amore nella visibilità di un Padre, che ti accompagna, tenendoti per mano, nel nuovo cammino.

Sono le mani di Dio, che ti accarezzano nel momento del dolore e del perdono.

Quelle stesse, nelle quali puoi vedere e toccare le mani del Figlio, Gesù Cristo, piagate per amore.

E sono mani sempre aperte, pronte a raccogliere pure i cocci di quanto ancora ti resta, a differenza di quelle dell’ uomo, che si aprono e si chiudono sempre con il ritmo dell’egoismo o dell’apparenza.

Le mani di Dio aprono la porta sempre, anche al solo fruscio di pentimento.

Nome e cognome del cristiano

 

In giro c’ è una grande superficialità, che non disdegna di toccare qualsiasi  dimensione sia sociale e morale che religiosa.

Così, è  facile, oggi, vedere chi proclama di avere una o più etichette di appartenenza, senza alcuna esperienza di quanto vorrebbe attribuirsi.

Si  illude di avere una tessera o qualcosa  altro, solo perché  si interessa o crede in qualcuno.

Incredibile, se si consideri che ogni appartenenza presuppone un vera storia, nella quale bisogna vedersi e leggersi, per ricavarne la propria carta di identità.

Aldilà degli spazi che il mondo offre e nel quale troppe sono le occasioni per definirsi etichettato, è  opportuno sottolineare, nell’ambito della fede, il comportamento di chi si dice cristiano senza avere una vita veramente cristiana.

Anzi, per molti basta una semplice dichiarazione di fede in Dio, un segno di croce, per potersi  dire cristiano, anche se nel cuore e nella mente, non c’è nulla che si chiama  Chiesa.

Invece,  per essere un vero cristiano, è necessario avere un nome ed un cognome.

Il primo è : ” io sono cristiano “.

Il secondo:” io appartengo alla Chiesa “.

Il che significa che la vera identità  è  l’ appartenenza alla Chiesa, l’ essere parte di un popolo, di una grande famiglia, che lo fa cristiano nel momento del battesimo e nel percorso della vita con catechesi ed insegnamenti, che trasmettono il contenuto della fede e fanno crescere come cristiani.

Perciò, è per nulla veritiero chi dice  di credere in Dio ed in Gesù, senza avere alcun interesse verso la Chiesa, quasi proclamando un rapporto personale con il divino, del tutto disincantato da Essa.

Nessuno diventa cristiano da sè.

Non si fa alcun cristiano in  laboratorio.

Si diventa cristiano solo nell’appartenenza alla Chiesa, il cognome nel quale si arricchisce e si alimenta la propria identità..

Il clic ” mi piace “.

Oggi è  una profonda tristezza vedere tanti giovani, che misurano il livello di stima e disistima di sé  dal numero di clic  su ” mi piace ”  di ciò  che  pubblicano con i post.

Dialogando con molti di essi, ho visto come cambiano di umore al cospetto di un loro post ignorato o cliccato.

In caso di condivisione di foto o di messaggi, si legge facilmente nei loro volti una grande soddisfazione; viceversa, un vero malessere psichico, come se dal clic ” mi piace “, dipenda il valore della propria persona.

Tanto ormai è  diventato il potere dei social network, che con facebook e twitter, i piu usati da essi, hanno soppiantato ogni vivacità di rapporti esistenziali, creando solo un apparato di eccessiva interazione virtuale!

Purtroppo, in un mondo così strapazzato di umanità, molti credono che questo sia l’ unico modo per sentirsi ancora qualcuno ed interagire.
Invece, non è  così.

L’ assenza di un feedback sulle condivisioni, commenti ed altro, potrebbe preparare l’agguato per un vero ostracismo, che, se si insinua nel cuore e nella mente di chi si sente ignorato, è  un peso più grande della stessa indifferenza della società.

Ti senti veramente libero?

libertàNon credere di sentirti libero solo perché fai tutto ciò che vuoi, ti avventuri in circuiti di ebbrezze, ingolfando il cuore di esperienze-limite, per evadere dalla noia. La libertà non è  questo volare con ali fittizie, che l’ impatto con la realtà brucia senza pietà. Non è  neppure questo svuotarsi costante, per riempirsi semplicemente di mode, che mutano senza lasciare orme di ricordi. La libertà vera è  quella che genera in te riflessione su ciò che fai; che spinge a valutare ciò che è  bene e ciò che è  male; soprattutto, ti offre la possibilità di saper operare delle scelte serie per la vita e non per i soliti gradimenti occasionali, che danno sensi di vuoto. E’  triste, amico mio, osservare tante libertà, interpretate su canovacci di libertinaggio, che vanno di esperienza in esperienza, sagomando alla fine volti senza sguardo, labbra smorte già in cornici di delusione. E tu non ti stai forse plasmando in questo modo?  Oppure pensi che facendo ciò che vuoi, lontano da ogni logica di crescita personale e sociale, indossi il vero abito della libertà? Quando imparerai a soffrire, sacrificando soprattutto ciò che ti piace, allora, e soltanto allora, potrai dire a te stesso: ora sono un uomo veramente libero.

Saper rischiare

Tu hai grandi qualità.

Ma a che servono queste tue qualità, se non le sai amministrare?

Se hai ricevuto dalla Provvidenza questi doni, essi non possono restare nello scrigno, ma devono essere sfruttati, in modo da avere un valore non più nominale, ma essenzialmente di acquisto.

Pertanto, devi imparare a saper rischiare, anche quanto tutto sembra avvolto nella spirale dell’ impossibile.

E’ poco edificante sciupare la bellezza delle proprie capacità, sospendendole alle solite stupidità, quando, se esercitate, potrebbero aprire grandi orizzonti di benessere spirituale ed umano.

Solo chi rischia, alla fine della sera, può apprezzare se stesso e potrà dire che vale veramente la pena vivere.

Quando incominciamo ad essere cristiani?

Dopo 2000 anni di cristianesimo ancora non incominciamo ad essere veri cristiani.

Continuiamo ad annacquare la fede di vari  e tanti ingredienti,  che nulla o poco hanno a che vedere con l’ insegnamento autentico di Cristo.

Ed anche se le voci parlanti di Lui sono in costante aumento, non si può sottacere che molte di esse  si riducono  a semplici parole, peraltro incapaci di toccare la profondità del cuore di chi ascolta.

Oggi più di ieri,tutti  gridiamo che la nostra è l’ era cristiana, tutti affermiamo di credere in Dio, tutti  ammiriamo le grandi cattedrali estasiati dalla loro  bellezza artistica, tutti affolliamo  Piazza S. Pietro  sedotti dalla semplicità del Papa, ma nell’ impatto con la realtà  viviamo un cristianesimo all’ acqua di rose, senza alcuna  coerenza.

A volte siamo più trascinati dalle onde dell’emozione e della curiosità, piuttosto che dalla volonta  di una vera sequela a Cristo, che non ci chiede di essere solo credenti, ma credibili in un mondo, che stanco delle fumose apparenze, esige sintonia tra fede e vita, messaggio del Vangelo e  vissuto quotidiano.

Finche noi cristiani non caliamo nella vita il contenuto della nostra fede,possiamo essere anche credenti,ma non saremo mai credibili e coerenti.

 

 

Dove è il cuore di tanti cristiani?

Non sono pochi i cristiani che hanno le labbra della carità, della giustizia e della pace, mentre il cuore è  chiuso nello scrigno di se stessi, attenti alla visione di ciò che hanno e che li rende incautamente appagati.

Troppe sono le distanze tra ciò che credono e ciò che vivono; tra quello che pensano e quello che testimoniano.

Spesso si illudono di sapere e di vedere tutto, ma il loro è  un sapere e un vedere senza cuore; ritengono di essere i depositari di Cristo, però  sono incapaci di rivelarlo nelle cose che contano.

Infine, a volte, gridano di essere a posto con Dio e con gli uomini, invece, nella realtà sono lontano da Dio e dagli stessi uomini.

Le squame dell’ ipocrisia ancora non cadono dai loro occhi, ancora non prendono atto dei loro limiti, delle loro povertà.

Eppure, oggi più che mai, Dio interpella tutti  sull’ autenticità di se stessi.

E questo è  un invito ad uscire dal sonno della cecità, per aprire gli occhi alla bellezza e semplicità del Vangelo.

E’ una chiamata ad essere trasparenti e luminosi, ben sapendo che ” Dio non guarda l’ apparenza, ma il cuore “, il quale più è  nella luce, più permette di vedere e leggere le cose, le persone e gli avvenimenti con gli occhi di Dio e, quindi, con gli occhi della fede.

Ai giovani delusi dalla politica, dico….

Il vostro disinteresse alla politica è  il dono più gradito ai politici, i quali,  al di là  del tempo, ormai stancante per la visione dei loro soliti teatrini, nulla o poco fanno per coinvolgervi seriamente ed adeguatamente.
Pertanto, le scene sono calpestate sempre dagli stessi, molti dei quali mestieranti senza idee, che hanno un solo obiettivo, quello di riempire il proprio bagaglio, raccattando persino gli scontrini, per dimostrare fantomatiche spese, che rilassatezze normative attribuiscono al loro ipotetico lavoro di onorevoli.
E voi, come gabbiani sugli scogli, continuate ad osservare le solite acque, incuranti del vocio della spiaggia, che anela ai movimenti della vostra fantasia.
Svegliatevi, aprite il cuore alle sorprese che la speranza vi dona. Non permettete che un politico nasca e muoia tale, solo perché ha saputo costruirsi un castello di oro,anche se di terracotta a livello di idee.
La società ha bisogno della vostra bellezza comportamentale, dello specchio del vostro cuore, della scioltezza della vostra intelligenza e volontà.
Imparate sempre, al di là  dell’ età, da chi ha idee e crea; invece, contestate sempre gli stereotipi senza idee e creatività, amanti solo dei compromessi e delle bustarelle.
Non credete al dispiacere dei politici per le basse percentuali elettorali: ad essi interessa solo vincere ed avere il plauso dal loro padrone di turno.

Il racconto di Emmaus

I due discepoli di Emmaus sono lo specchio di molti giovani di oggi, che, dopo aver accarezzato nello scrigno del cuore tanti sogni, sperimentano il loro naufragio.

E nella sconfitta, invece di cercare nuove spinte, si abbandonano, facendosi sopraffare dalla delusione.

Invece di credere ancora in quello che sarà il ” dopo “, si chiudono nel malinconico ” speravamo “, scendendo verso il villaggio del loro piccolo mondo, per vivere il ritorno alla normalità.

Ma Qualcuno non la pensa così.

Silenziosamente ed invisibilmente tesse un’ altra storia, quella del ” dopo ” la delusione, che apre orizzonti di una nuova luce.
E questo Qualcuno si fa compagno di viaggio, sussurrando parole di vita, che fanno comprendere che alla fine del terzo giorno c’ è  ” un dopo ” di gloria.

Prediche senza palpiti

Ha veramente ragione chi dice che troppe omelie nelle domeniche ” sono prediche noiose, che scivolano via da pulpiti senza palpiti “.
Infatti, in ogni parola si constata spesso una vera assenza di cuore, si sente il peso di un eloquio da ostentare e non l’annuncio della bellezza di Cristo e del Vangelo da seguire con fedeltà.
Ci si trova ad ascoltare parole preconfezionate, senza il calore dello spirito; prediche improvvisate, che volano senza farsi interpreti del messaggio della liturgia della Parola.
O addirittura prediche disincantate dal contesto biblico ed imbevute di rivoli verbali, che muoiono nel mare di incerte considerazioni sociali.
Purtroppo, si parla poco di Cristo e troppo di cose inutili: anzi, a volte la parola di Dio viene oscurata da quella di chi predica, preso solo dal presunto fascino delle sue parole.
Credo che oggi, più di ieri, urge una riflessione attenta sul modo di predicare; una rimessa a punto del linguaggio da avere davanti all’ assemblea in ascolto.
Un linguaggio non prigioniero della propria cultura, ma animato dallo Spirito Santo, le cui vibrazioni certamente plasmano nel cuore un vero effluvio di parole, che, una volta proclamate, lasciano profonde orme di sequela. Pertanto, chi predica, deve svuotarsi della sua verbosita e deve riempirsi solo di Cristo e del Vangelo.
Solo così un’ omelia sarà efficace e toccherà il cuore dell’assemblea, pronta a gustare ogni parola che esce dalle sue labbra.