L’Ascensione non è un episodio isolato della storia di Gesù. Anzi, tutta la Sua esistenza è compresa fra due punti estremi e reciproci: il Natale e l’Ascensione. Questi due misteri sono uniti da una stretta logica: soltanto Colui che è uscito dal Padre, può ritornare al Padre:”Nessuno è mai salito al cielo – dice l’evangelista Giovanni – fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo”. Pertanto, l’Ascensione dà senso pieno al Natale: il Figlio di Dio è disceso dal cielo per farci salire con lui alla destra del Padre. Senza questa risalita al Padre ci risulterebbe difficile comprendere la venuta di Gesù nella nostra storia; non comprenderemmo a fondo la sua vita terrena, la sua passione e morte; e neppure la sua risurrezione.
I due misteri, quindi, si richiamano e si completano: nel mistero dell’incarnazione, il Figlio di Dio si abbassa fino a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana; nell’Ascensione, lo stesso Figlio eleva la sua e la nostra umanità, fino a portarla dentro la realtà più profonda di Dio, nella comunione, cioè, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per cui tale festa ci ricorda che noi non siamo quaggiù per caso, senza un senso; abbiamo invece un futuro, un senso, una direzione di marcia: siamo chiamati alla piena comunione con Dio e con i fratelli. E questa è la nostra vocazione; per cui dobbiamo vivere in maniera degna di questa chiamata: non dobbiamo vivere senza senso né lasciarci intrappolare dalle cose; al contrario, dobbiamo vivere nella “speranza di raggiungere Cristo nella gloria”.
Cristo, con l’Ascensione, entra nella vita nuova, che implica la sua risurrezione, non solo come Dio e Figlio di Dio, ma anche come uomo e Figlio dell’uomo. Egli è il nuovo Adamo ed il rappresentante dell’umanità creata nuovamente; l’umanità che porta con sé al Padre, avendo Egli con l’incarnazione assunto la nostra condizione umana. Perciò, San Agostino dice:”Nella sua incarnazione Cristo discese da solo, ma non salì al cielo da solo”. Salendo al cielo Cristo non solo non ci ha abbandonati, ma addirittura ci ha indicato la strada per raggiungerlo nella gloria. Una festa di gioia e di grande attesa, dunque, quella che celebriamo oggi. Proprio come Gesù aveva detto ai suoi apostoli:”E’ bene per voi che io me ne vada”. Un andare che non significa partenza dal mondo né assenza dalla vita umana, ma è l’inizio di un nuovo modo di essere presente nel mondo. E il Vangelo specifica la natura di questa nuova presenza di Cristo risorto.
Egli continua ad agire nella storia in favore dell’uomo attraverso la missione e la predicazione degli apostoli:”Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”; continua ad essere presente attraverso le opere dell’amore compiute.
Nello stesso tempo, ci affida un duplice compito: essere persone di comunione nel mondo come segno ed anticipo della comunione con Dio, a cui tutti siamo chiamati; essere annunciatori autentici dell’amore di Dio che “è Padre di tutti”.
La festa dell’Ascensione, pertanto, non ci proietta nella ricerca affannosa del soprannaturale:”che fate lì fermi a guardare il cielo?”; né ci spinge alla semplice contemplazione del divino, ma ci mostra l’orizzonte verso cui dobbiamo camminare, senza distrarci dalla vita quotidiana né dai problemi che essa presenta. Senza lasciarci sedurre da un eccessivo angelismo né da un pauroso terrenismo, dobbiamo vivere il quotidiano attraverso i segni di comunione e di solidarietà, nella consapevolezza che qui, su questa terra, progetteremo e costruiremo il nostro destino di eternità.
Scritto il Giugno 1st, 2014 da filoltre